Non dite a nessuno che le aree militari sono inquinate
Oltre ad essere un buco nero per le finanze pubbliche, le aree militari celano una realtà, ma non dite a nessuno che sono inquinate. Nella base navale, ossia nell’infrastruttura militare funzionale alle attività delle unità navali, affluiscono milioni di euro. Quel che resta dell’Arsenale, ossia delle aree deputate alla manutenzione delle unità navali, un tempo luogo di lavoro di personale civile, volge all’abbandonato e cade letteralmente a pezzi. Se si affronta in termini strettamente contabili, questa situazione non è che una conseguenza. Dopo i fantasmi rievocativi di Brin, fatto 100 l’investimento pubblico della Difesa nel settore Marina, l’88,3% riguarda l’adeguamento agli standard NATO delle basi. Agli stabilimenti, ossia alla “modernizzazione” di luoghi di lavoro, toccherà solo l’11,7% .
Nel metter mano alle falle della diga, il bambino della diga in salsa sprugolina tenta di tappare i buchi. Visti i tempi che corrono, se non altro per scongiurare possibili tragedie. Rifacimento di gru in pessimo stato, oppure mettere in sicurezza gli ingressi di quei bacini di carenaggio, che la retorica ha sempre dipinto come fiori all’occhiello di una struttura ormai in stato di abbandono. Tuttavia sistemare ciò che resta dell’Arsenale spezzino, porta inevitabilmente a galla lo stato di inquinamento, di contaminazione e di pericolosità di quelle aree che hanno due aspetti sui quali troppo spesso si evita di porvi l’accento: sono a stretto contatto con l’ambiente marino e sono in prossimità di un’intera popolazione civile. Un tema che riguarda un golfo delle nebbie.
La presenza di ingenti quantità di sedimenti fangosi, depositati sul fondo della seconda darsena, in particolare in corrispondenza degli accessi ai sei bacini in muratura, pone non poche questioni di sicurezza, sotto il profilo ambientale. Un tema già noto, sollevando la questione Basi blu, tuttavia sempre omesso da chi la sostiene. Allora iniziamo da due documenti: la relazione di prefattibilità ambientale con le tavole grafiche dei dragaggi previsti dell’adeguamento agli standard NATO della base ed il progetto preliminare di bonifica dell’area marina inclusa nella perimetrazione del sito di interesse nazionale (oggi SIR) di Pitelli, ossia dell’intero golfo spezzino (disponibile su ARPAL Liguria).
Se la fotografia dello stato di cose è chiara, o meglio è inquinata, almeno a chi vuole prenderla in considerazione, un po’ meno lo è il “che fare“. Chiariamoci, in un mondo in cui la civiltà fosse un faro, data una situazione di inquinamento e contaminazione si provvederebbe alla sua bonifica e ripristino. Tralasciando le scelte politiche, per alcuni non secondarie, purtroppo evidentemente trascurabili per molti dei quali dovrebbero assumerle, la Repubblica italiana è dotata di leggi, sulle quelli difficilmente si potrebbe sindacare. Tuttavia è utile chiarirne la loro attuazione, almeno in questo ambito. Ci viene in aiuto un noto (almeno per spezzini e dintorni) giurista, Marco Grondacci, il quale esplicita alcune fonti giuridiche che in questo ambito dovrebbero essere rispettate.
Secondo il Codice dell’Ordinamento Militare, l’articolo 359 del D.Lgs. 66/2010 disciplina la gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati. In particolare (comma 1):
Ai sensi dell’articolo 184, comma 5-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, i sistemi d’arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale, individuati con decreto del Ministero della difesa, nonché la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti ove sono immagazzinati i citati materiali, sono disciplinati dalla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, con procedure speciali da definirsi con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro della salute. I magazzini, i depositi e i siti di stoccaggio nei quali sono custoditi i medesimi materiali e rifiuti sono soggetti alle autorizzazioni e ai nulla osta previsti dal medesimo decreto interministeriale.
Secondo l’art. 1 del Decreto del 22 ottobre 2009, emanato dal Ministero della difesa, noto come “Procedure per la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti e delle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale“, le cose sono chiare.
Per la gestione, lo stoccaggio, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti derivanti dai beni e materiali di cui al comma 1, all’esito delle procedure di cui al comma 2, nonché per la bonifica dei siti eventualmente inquinati dai predetti beni e materiali, si applicano le procedure di cui al presente decreto e, per quanto non previsto, le norme di cui alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dei rispettivi ordinamenti relativi al personale delle Forze armate, con particolare riferimento alle attività sanitarie e tecniche da esercitare secondo le vigenti disposizioni normative nell’ambito delle infrastrutture e delle aree demaniali del Ministero della difesa.
Tradotto? Le norme ambientali che vigono in territorio “civile”, valgono, allo stesso modo, in aree militari. Basta? L’Art. 6 dirime le procedure per la prevenzione di contaminazioni e la bonifica di siti contaminati.
Comma 7. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito-specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). […] Entro i successivi sessanta giorni, la conferenza di servizi convocata dall’Amministrazione della difesa, approva il documento di analisi di rischio. Tale documento è inviato ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera reca analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
Comma 8. Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle CSR, la conferenza di servizi, con l’approvazione del documento di analisi del rischio, dichiara concluso il procedimento. In tal caso la conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell’analisi di rischio e all’attuale destinazione d’uso del sito. […]
Comma 10. Qualora gli esiti della procedura dell’analisi del rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di CSR, il Comandante o Direttore responsabile dell’area ne informa immediatamente il competente organo di vertice, […], il prefetto, il comune, la provincia e la regione competenti per territorio. Il Comandante o Direttore responsabile dell’area attiva il reparto genio infrastrutture competente per Forza Armata e territorio per la redazione e presentazione […], entro sei mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio, del progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. Il rappresentante dell’Amministrazione della difesa, acquisito il parere del prefetto, del comune, della provincia e della regione interessati, mediante apposita conferenza di servizi e, sentito il Comandante o Direttore responsabile dell’area, approva il progetto con eventuali prescrizioni o integrazioni, entro sessanta giorni dal suo ricevimento.
Il caso spezzino è indicativo. I livelli di contaminazione sono stati già certificati dalle autorità, come illustrato nei documenti precedenti. Gli atti che dovrebbero essere resi pubblici, a norma di legge, riassumendo, sono i seguenti:
- Le misure di prevenzione al fine di rendere noti l’avvenuta contaminazione dell’area e le misure immeditate di prevenzione adottate.
- Indagine preliminare sul livello di inquinamento e misure di ripristino dell’area contaminata.
- Comunicazione avvenuto ripristino area contaminata.
- Comunicazione avvenuto superamento soglie di contaminazione come emerso dalla indagine preliminare.
- Presentazione piano di caratterizzazione dopo l’avvenuta verifica del superamento delle soglie di contaminazione.
- Procedura di analisi del rischio sulla base del piano di caratterizzazione per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio che identificano i livelli di contaminazione residua accettabili, calcolati mediante analisi di rischio, sui quali impostare gli interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica.
- Non superamento delle concentrazioni di soglia di rischio: chiusura del procedimento
- Superamento delle concentrazioni di soglia di rischio: procedura di bonifica.
Una puntualizzazione doverosa, in termini di garantismo.