Opinioni
William Domenichini  

La guerra non è una giostra

Il costo della retorica bellicista porge cinicamente il suo prezzo, salato, anche laddove non si è in teatri di guerra, e ci dimostra, drammaticamente, che la guerra non è una giostra. Cosa si possa provare nel perdere un* figli*, in un episodio come quello di Caselle, credo sia impossibile averne contezza. Perché nella vita sarebbe fisiologico farsi seppellire dai propri figli, non viceversa. E’ un dramma che ho imparato a conoscere raccontando le storie lontane, di una guerra, e del dramma che si prova nel vivere a fianco alla morte. Nel mondo al contrario, sfilate ed acrobazie di mezzi da guerra esaltano le folle, di un orgoglio patrio, diciamocelo, fine a se stesso, anzi dannoso.

Di tanto in tanto ci sono, tuttavia, quegli odiati esseri pensanti che si pongono domande. Gli epiteti si sprecano, in una sintesi vannacciana che riassume l’atteggiamento di chi non sopporta più il pensiero critico. Anzi non è insopportabilità, ma avversione. In quella folta schiera, dopo i fatti di Torino, un pensiero corre a qualche mese antecedente. La Spezia, Festa della Marina militare.

Nei giorni precedenti ai festeggiamenti, dalle unità navali ormeggiate nel golfo, aerei ed elicotteri in forze alla Marina sorvolarono la città, in modi e maniere che hanno fatto sobbalzare molte persone, dotate di un minimo di ratio. Tra preoccupazioni e rumori di guerra assordanti, ne uscì una lettera aperta, sottoscritta in primis da docenti delle scuole spezzine. Quella lettera fu raccolta anche da cittadini ed attivisti, che hanno ritenuto inopportune le esercitazioni eseguite dai velivoli della Marina militare. F-35B e AV-8B hanno sorvolato ripetutamente la città, talvolta a bassissima quota, tra sbigottimento e paure sulla sicurezza di tali manovre. Il monito degli insegnanti nacque anche da una contingenza, quella di bambin* che, provenienti da zone di guerra, riconobbero quel frastuono, associandolo ai loro ricordi drammatici.

L’incidente delle Frecce tricolori, che annotano, dal 1961 ad oggi, 20 incidenti causando 84 vittime (68 civili e 16 militari) ed oltre 300 feriti, dovrebbe far riflettere. Val la pena farlo criticamente? Naturalmente chi fa della retorica bellicista una ragione d’esistenza è già pronto a lanciare giaculatorie su sciacallaggi. Ma questa realtà e questa visione ha un costo, un impatto e talvolta delle conseguenze assai drammatiche.

Val la pena spendere soldi per queste manifestazioni? Val la pena rischiare incidenti per queste esibizioni? Manifestazioni di propaganda, tese a rendere lo strumento militare come essenziale alla vita del paese, non sono altro che una dannosa, diseducativa e costosa visione politica. E se non bastasse per giunta tale da mettere in pericolo la vita dei cittadini. Nel tentativo di mettere in mostra i muscoli guerrieri, il rischio, anzi la concreta possibilità di compiere dei danni è balzata nella nostra realtà, violentemente.

Chissà se tutto questo, se la morte di una creatura ed il dolore della sua famiglia, potranno mettere in discussione questa inutile e danno abitudine di rappresentare la guerra come una gioiosa giostra. Lo scorso 2 giugno riproposi il fondo su Il Messaggero di Lelio Basso: 2 giugno senza trombe e uniformi. Iniziamo dalla festa della Repubblica, per depurare il paese dalla retorica della guerra.

 


Foto: Frecce Tricolore in the sky of Rimini.jpg – Wikimedia Commons (Author: Camilla Semprini)

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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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