L’Arsenale è mio e lo gestisco io
L’Arsenale non si tocca, è mio e lo gestisco io. Così non si cede un millimetro sulle aree militari occupate da 150 anni, oggi pressoché inutilizzate. Dal direttore di un’ex area produttiva, che in 80 anni ha perso il 95% dei lavorator*, passando da oltre 12.000 impiegat* ed operai* a meno di 500 effettivi, ti aspetteresti una proposta. Qualcosa di tangibile, un’indicazioni fattuale, un futuro traguardabile, delle iniziative, insomma atti. Appunto. un po’ di concretezza. Ma nei tempi bui in cui viviamo, nemmeno un alto ufficiale della Marina militare, come il contrammiraglio Scorsone, direttore dell’Arsenale della Spezia, sembrerebbe in grado di fornire un po’ di pragmatismo.
Come vede il futuro dell’Arsenale il suo direttore? Blu. Qualcuno potrebbe dire che la mia è una facile ironia, spicciola, ma se la sua intervista l’avesse letta quella bon’anima di Gino Patroni, al Peola ci sarebbe da, per dirla alla spezzina, meter i buzi ‘n tera. Ma qui non c’è nulla da ridere, è tutto vero.
Nel mio pensiero, il futuro di questo Arsenale è blu, come la divisa della Marina Militare che non lascerà questo sito per i prossimi decenni, come la bandiera della NATO e dell’Europa, di cui questo Arsenale rappresenta un importante polo strategico sia per le dimensioni, per la vicinanza a un grande indotto nazionale locale e per i bacini in muratura che sono il bene più prezioso, come il Piano Basi Blu per il quale è previsto un finanziamento di 300 milioni di euro e che renderà possibile l’ormeggio di 14 unità maggiori. Proprio per l’importanza della base navale la Marina ha deciso di assicurare grandi investimenti nel prossimo futuro, mirati a migliorare le potenzialità di ormeggio, migliorare le infrastrutture seguendo criteri di sostenibilità ambientale ed energetica e ottimizzando le officine e i grandi spazi disponibili. Il Blu come la blue economy, di cui questo Arsenale vuole essere volano di crescita, già oggi la Marina Militare incide per il 10% sul Pil del territorio, con il piano Basi Blu e con possibili rilanci futuri questa percentuale potrà migliorare. E blu come il Miglio blu, con cui ci si riferisce all’indotto locale, con cui è ragionevole ipotizzare delle sinergie*.
C.A. Giuseppe Scorsone, direttore Arsenale La Spezia
(21 marzo 2023)
“Arsenale, nessuna area sarà ceduta“, Laura Ivani (Secolo XIX)
Insomma l’Arsenale è mio e lo gestisco io. Ma dietro a dichiarazioni imperiose, quel che preoccupa maggiormente è un possibile daltonismo complicato da tracce di miopia del contrammiraglio. Ora visti i brillanti risultati che sono stati conseguiti con i soldi pubblici in questi anni, se esistesse una classe politica, degna di tale nota, convocherebbe il contrammiraglio, e i suoi superiori, e leggerebbe una lista molto stringata:
- 494 dipendenti (probabilmente oggi sono già di meno) su una superficie di 900.000 metri quadri, di cui 180.000 coperti. Fanno 1821 metri quadri a lavorator*;
- 1 discarica di rifiuti tossici;
- oltre 100.000 metri quadri di amianto;
- decine di edifici abbandonati e fatiscenti;
- tonnellate di navigli in disarmo a marcire nei bacini interni;
- decine di automezzi e natanti abbandonati nell’intera area;
- una caratterizzazione dei fondali da far impallidire qualsiasi chimico.
Probabilmente l’enfasi del patrono ha fatto scivolare il direttore dell’Arsenale nell’entusiasmo della retorica. Ma La Spezia non è vegliata da San Gennaro e in riva al golfo dei poeti non si ricordano miracoli. Lo scenario tracciato dal contrammiraglio Scorsone dovrebbe far riflettere, riportandoci alla drammatica realtà: uno stato occupazionale disastroso che la dice lunga su quanto sia stato investito in visione industriale dell’Arsenale spezzino, con l’ultimo concorso che richiese ben 63 addetti. Repetita iuvant: l’Arsenale dei miracoli. Una misura chiara dell’impegno e dell’investimento che ricadrebbe in quella che ormai è un’ex fabbrica, come dimostrano i milioni di euro annunciati dal Piano Brin, strumento utilizzato solo per chiudere officine ed accorparle, selettivamente, trasformando quasi 900mila metri quadri di area arsenalizia in un enorme spazio vuoto ed inquinato.
Per restare in cromatismi, il presente dell’Arsenale è più vicino ad lugubre un grigiore, stante alle nocività presenti al suo interno come la discarica del Campo in ferro, come le decine di migliaia di metri quadri di coperture in amianto, come le attività portuali che hanno reso i fondali (caratterizzazioni alla mano) piuttosto inquinati o se si contano le decine e decine di navigli in disarmo che le banchine ospitano, unità abbandonate da anni.
Quel grigiore s’incupisce ancor di più quando si verifica la trasparenza e l’accessibilità dei monitoraggi, la lentezza delle procedure di bonifica e stride con la retorica del programma Basi blu: migliorare le infrastrutture seguendo criteri di sostenibilità ambientale ed energetica? Con cosa? Scorsone non lo dice, perché sarebbe imbarazzante svelare che l’unico tratto di sostenibilità di Basi blu è una tettoia fotovoltaica nel parcheggio dei moli Varicella. A conti fatti quell’immane sforzo di sostenibilità produrrà nemmeno il 2% dell’elettricità che servirà ai nuovi moli. Per il resto le attività continueranno ad avere lo stesso cromatismo di impatto sull’ambiente.
Ciò che è sconcertante è la retorica espressa è proporzionale all’assoluta mancanza di concretezza. Lo Stato spenderà 354 milioni senza riorganizzare un’enorme spazio pressoché inutilizzato, senza migliorare la salubrità ed efficientare la logistica portuale della base, ma sigillando lo status quo. La realtà è che oggi l’area militare spezzina, che un tempo fu luogo di lavoro, ricorda il nero del buco che risucchia soldi pubblici, ridistribuendo briciole in termini di ricchezza al territorio.
L’Arsenale è mio e lo gestisco io, ma c’è da domandarsi perché non si è colta l’occasione per efficientare le aree militare, per investire realmente sull’utilizzo dei fonti energetiche come il mare ed il vento, che nell’insostenibile programma Basi blu non sono minimamente menzionate? I toni di assoluta chiusura del direttore dell’Arsenale sono parte della risposta. Perché la politica spezzina, che è stata al governo del paese e ci ha rappresentato in Parlamento, non è stata in grado di farlo. Così come chi amministra la città non è stato in grado di aprire dei canali di dialogo e vertenze su un tema che paradossalmente potrebbe rappresentare davvero una visione per una nuova città, con l’acquisizione di spazi sociali e produttivi, che conviva con una Marina militare che rivede i suoi spazi, li migliora e li ottimizza.
Scomodando nuovamente Gino Patroni, verrebbe da dire che se Scorsone vede il futuro dell’Arsenale blu, ha bisogno di un oculista. Cosa rispondere alla retorica di chi scomoda il blu della bandiera NATO e dell’UE? Un futuro per l’Arsenale verde come la speranza che ritorni ad essere un luogo di sinergia con la città e non un corpo estraneo, bianco come il candore dei luoghi bonificati dai veleni che contiene, rosso come il ricordo del sangue di quei lavorator* che sono stati pilastro di una struttura che non esiste più, molti dei quali hanno perso la vita per quelle nocività che ancora persistono, come l’amianto. Insomma un futuro un po’ più tricolore.
Ma d’altronde, che il contrammiraglio Scorsone avesse una visione lievemente retorica si poteva intuire già dal suo insediamento.
Post scriptum
L’Arsenale è mio e lo gestisco io. Male evidentemente. I bacini tanto decantati sono pressoché sempre vuoti, anzi, capita che le lavorazioni vengano fatte all’ormeggio. Una sfida alle leggi sulla sicurezza ed ai timpani dei civili, costretti a subire certe scelte. Difficile comprendere il concetto di valorizzazione di cui parlava al suo insediamento. Dal 2021 al 2023 l’Arsenale ha visto la perdita di oltre 200 unità professionali, non rimpiazzate da nessun nuovo lavorator*. Esattamente l’opposto rispetto agli auspici del contrammiraglio. Sfugge il concetto di valorizzazione, vista la situazione oggettiva. Così come appare difficile ascoltare un alto ufficiale esprimersi in termini di speranza, un campo semantico che poco si addice ad un militare. Ora la congiuntura postpandemica è alle spalle ma, dati alla mano, non è cambiato molto. La proliferazione dei topi in mensa, forse.
L’Arsenale è mio e lo gestisco io. Non serve scomodare la visione del futuro di Enrico Mattei per nascondere lo stato catatonico in cui versa uno degli ex luoghi di lavoro di migliaia di spezzini. Certamente un concetto sfugge al contrammiraglio Scorsese. Lui probabilmente è di passaggio, nel suo excursus della carriera, e le condizioni dell’Arsenale non potranno che esserne un trampolino di lancio. Ma quel che resterà sarà la comunità spezzina, che custodirà immemori le sue parole. Davvero la Marina militare alla Spezia e la retorica della sostenibilità: l’Arsenale non si tocca. Grazie di cuore del suo passaggio nel golfo che fu dei poeti.