Dalla porta di Sion ai cantieri di guerra
La Geo Barents è arrivata alla Spezia, una città che in cui si convive dalla porta di Sion ai cantieri di guerra. La nave Ong di Medici senza frontiere, il 28 gennaio ha attraccato in Calata Artom, sbarcando 237 anime, soprattutto bambini salvati in mare. La Spezia, città porta di Sion, ha accolto una nave di disperati. È un atto di umanità straordinario, che emoziona, che supera di gran lunga l’odio e la stupidità di coloro i quali dimenticano quotidianamente che facciamo parte, tutti, del genere umano. Di tutte quelle anime, con buona pace per i sostenitori dell’invasione, parrebbe che solo 43 rimarrebbero in Liguria.
Ma quel che fa pensare è ben altro. La città porta di Sion continuerà a produrre navi ed armamenti, alcune delle quali destinate a qualche regime, come quello egiziano. Un esempio lo fornisce la storia dei pattugliatori d’altura. Fu preventivata la costruzione di dieci unità simili, da parte della Marina italiana, tuttavia due di queste sono state “dirottate” al Cairo.
Dal Documento Programmatico Pluriennale (DPP) del ministero della Difesa, emerge che, all’anno 2020, la spesa prevista per la costruzione di tutte le dieci nuove fregate ammonta a 5 miliardi 992 milioni e 330mila euro: circa 1,2 miliardi per una coppia di navi. Ma i documenti ufficiali relativi all’affare dicono che la “Spartaco Schergat” e la “Emilo Bianchi“, varate rispettivamente il 26 gennaio 2019 e 25 gennaio 2020, sono state vendute all’Egitto per 990 milioni. 210 milioni di euro in meno rispetto al prezzo concordato tra Fincantieri e lo Stato italiano, una perdita alla quale devono essere poi aggiunti i costi di gestione, gli interessi sui mutui e la spesa per lo smantellamento delle tecnologie NATO in dotazione alle unità varate, che possono far crescere il passivo fino alla cifra di 556 milioni di euro.
Delle due l’una. Fincantieri, azienda controllata da Cassa Depositi e Prestiti, vende sottocosto all’Egitto? Se si, perché? Oltre a non essere un affare, una controllata pubblica svende dei mezzi destinati alla Marina Italiana al Cairo. Seconda possibilità, l’azienda ha applicato alla Difesa italiana un prezzo maggiorato rispetto a quello di mercato che, su un totale di dieci navi previste dal programma, farebbe lievitare i costi per lo Stato (e per i contribuenti) di 1 miliardo e 50 milioni di euro.
Eppure c’è chi parlò di un’importante commessa per Fincantieri, che avrebbe potuto dare il via, così come riferito da voci di corridoio, ad altre unità navali se non addirittura a contratti anche per le altre Forze Armate del Cairo. Si tratta, comunque, di una “operazione economica” tutt’altro che vantaggiosa per le casse pubbliche italiane, come invece avevano a suo tempo sostenuto membri del governo e della maggioranza, in un Paese dove l’industria della Difesa non ha conosciuto stop nemmeno durante la pandemia, come racconterà l’inchiesta di PresaDiretta.
Una proposta per i deputati ed i senatori spezzini. Domani presentate una proposta di legge in parlamento, un articolo: Se proprio non ne possiamo fare a meno, le navi militari vendute all’Egitto, presenteranno un nome sulla carena; Giulio Regeni (I, II, III, ecc).
Apriamo i porti agli esseri umani, chiudiamoli alle armi.