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William Domenichini  

Cambiare tutto, per non cambiare nulla

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi, in altri termini, cambiare tutto per non cambiare nulla. Tocca prender in prestito le parole del Gattopardo, per ragionare di tutt’altro. Dopo poco più di tre anni l’Arsenale militare della Spezia cambia direzione. Un iter anonimamente cerimoniale, una prassi. Il nuovo direttore è il contrammiraglio Enrico Olivo. L’ufficiale in ingresso è stato impiegato al Comando Logistico della Marina Militare (MARICOMLOG) di Napoli, dove era a capo reparto di Ingegneria Logistica della Marina Militare. Prima ancora, dirigeva l’ufficio tecnico territoriale, costruzioni ed armamenti navali di Genova (UTNAV).

Ogni cambio di comando ha un forte impatto emotivo. […] Rappresenta il momento dei bilanci, di verifica di quanto svolto in relazione agli obiettivi prefissati.

Amm. di Div. Flavio Biaggi
(22 gennaio 2025)

Dell’uscente, molto si è scritto, poiché molto ha lasciato intendere. Ma stante le parole del titolare del Comando Interregionale Marittimo Nord, facciamoli questi bilanci. Il contrammiraglio Giuseppe Scorsone lascia l’incarico di direttore dell’Arsenale spezzino, per aggiornare il suo curriculum come vicedirettore di MARIPERS, nel procedere incessante della propria carriera. Lo vogliamo ricordare con le sue parole, anzi con le parole con cui assunse la direzione dell’ex fabbrica spezzina.

Questa base ha delle grossissime possibilità. Ha un numero di bacini in muratura che non eguali in nessun altra base italiana, è anche fra le prime d’Europa da questo punto di vista. Quindi bisogna valorizzare queste nostre potenzialità in futuro, riscoprire quelle che erano le nostre professionalità arsenalizie, chiaramente in sinergia con l’indotto locale e anche auspicando che le assunzioni possano portare una ventata di innovazione, di gioventù e di voglia di imparare e di produrre. Verosimilmente, con la congiuntura della pandemia, che ci auguriamo tutti passi presto, potrà aiutarci da questo punto di vista.

[L’apertura dell’Arsenale verso la città] è un argomento molto difficile da affrontare e sicuramente le superiori autorità sapranno come gestirlo. E’ chiaro che l’Arsenale è un bene inestimabile dello Stato quindi va sicuramente preservato e utilizzato nel migliore dei modi.

C.A. Giuseppe Scorsone
(22 settembre 2021)

Tre anni di alacre lavoro- Allora l’Arsenale aveva 608 dipendenti civili. La congiuntura “postpandemica” è alle spalle ma, dati alla mano, non è cambiato molto. La proliferazione dei topi in mensa, forse. Sta di fatto, che l’Arsenale cade a pezzi, letteralmente. In altri casi si cerca di metter mano alla diga, prima che questa venga travolta. Ma a quanto pare anche nella leggenda, le dita del bambino olandese erano solo 10. Il testimone che passa assomiglia ad un macigno.

Un bilancio, se non vivessimo in un mondo al contrario, per il quale chi ne fosse responsabile verrebbe messo all’indice. Non per bisogno di gogne, ma quantomeno per assunzioni di responsabilità. Non è la prassi. Quindi, il passaggio del testimone è anche sinonimo di avanzamenti in carriera. Quel che resta è la narrazione. L’archivio ci torna utile per rispolverare dichiarazioni nel mezzo del cammino, che paio assomigliare ad un racconto di fantascienza.

Nel mio pensiero, il futuro di questo Arsenale è blu, come la divisa della Marina Militare che non lascerà questo sito per i prossimi decenni, come la bandiera della NATO e dell’Europa, di cui questo Arsenale rappresenta un importante polo strategico sia per le dimensioni, per la vicinanza a un grande indotto nazionale locale e per i bacini in muratura che sono il bene più prezioso, come il Piano Basi Blu per il quale è previsto un finanziamento di 300 milioni di euro e che renderà possibile l’ormeggio di 14 unità maggiori.

Proprio per l’importanza della base navale la Marina ha deciso di assicurare grandi investimenti nel prossimo futuro, mirati a migliorare le potenzialità di ormeggio, migliorare le infrastrutture seguendo criteri di sostenibilità ambientale ed energetica e ottimizzando le officine e i grandi spazi disponibili. Il Blu come la blue economy, di cui questo Arsenale vuole essere volano di crescita, già oggi la Marina Militare incide per il 10% sul Pil del territorio, con il piano Basi Blu e con possibili rilanci futuri questa percentuale potrà migliorare. E blu come il Miglio blu, con cui ci si riferisce all’indotto locale, con cui è ragionevole ipotizzare delle sinergie.

C.A. Giuseppe Scorsone
(21 marzo 2023)
Arsenale, nessuna area sarà ceduta“, Laura Ivani – Secolo XIX

Quando le percentuali spuntano, la conduzione numerica danza sul confine della fantasia. Così, come le chimere sostenibili, che si infrangono come le onde sulla diga foranea, affondando nelle innumerevoli criticità ambientali ancora irrisolte. Lo stato catatonico di aree sottratte alla comunità 150 anni or sono è sotto gli occhi di tutti, men che di quelli che ne sarebbero responsabili. Ma se ciò non bastasse, nel campo del grottesco, si aggiunge la retorica a cui si cerca di assuefare le moltitudini. Con una coerenza che va riconosciuta la realtà supera ancora una volta, e di gran lunga, la fantasia.

Se la narrazione delle aree militari spezzine fu farsesca, a suo tempo, oggi la storia si ripete, ma tra il tragico ed il comico. Come gli annunci dal palazzo, che pochi contestano nonostante l’evidente retorica. 7 miliardi. 7.000 milioni in valuta, per riqualificare e rendere nuovamente operativo l’intero Arsenale. Contrordine. Un tempo si chiedeva 100 per ottenere 50? Oggi 7 per averne promessi 1. Non si tratta di un’analisi di una trattativa, ma più di un sequel della storia dell’Arsenale dei miracoli e precedenti. Così, mentre la commedia prosegue, restano vestigia di una classe operaia che oggi non esiste più, spazi abbandonati, luoghi inquinati.

22 gennaio. Ore 10.30. Arsenale della Marina militare della Spezia. Edificio 62. La Soap opera prosegue nell’incedere delle sue puntate. Ma a questo giro, il leitmotiv sono le lacrime di coccodrillo. Difficile nascondersi dietro ad una divisa, così occorre un capro espiatorio.

Molti degli edifici e degli impianti soffrono di una significativa carenza manutentive stratificata da almeno 15 anni che in alcuni casi limita la funzionalità dello stabilimento stesso. Ma il problema delle infrastrutture è secondo a quello della progressiva carenza di personale. E’ necessario, concretizzare con urgenza un piano di assunzioni che possa garantire la continuità delle capacità strategiche dello stabilimento e possa garantire rinnovare la funzione di volano occupazionale per il territorio che questo arsenale ha avuto per 100 anni. Oltre a essere un po’ logistico irrinunciabile per la Marina militare, rappresenta anche un patrimonio inestimabile dello Stato italiano anche dal punto di vista culturale e architettonico e come tale merita di essere mantenuto valorizzato ed utilizzato nel miglior modo possibile.

C.A. Giuseppe Scorsone
(22 gennaio 2023)

Come ormai d’abitudine, l’ormai ex direttore dell’Arsenale spezzino, non lesina fantasiose narrazioni. Secondo il contrammiraglio uscente per la prima volta nella sua storia la nave scuola Vespucci non è stata mantenuta alla Spezia ma, sotto il controllo delle maestranze di questo arsenale, presso il cantiere di Rio Santiago Ensenada in Argentina. Ma stante le carte è Fincantieri, che ha siglato un contratto da 12 milioni di euro, udite udite, con la direzione dell’arsenale marittimo, a dover garantire l’efficienza del Vespucci, appoggiandosi ad alcune aziende. Tant’è che il decreto di aggiudicazione (Fascicolo 22M6004), datato 28 dicembre 2022, porta la firma di Giuseppe Scorsone. Quindi quali “arsenalotti”? Il lavoro lo fanno i privati.

In pochi poi, si ricorderanno che il contrammiraglio Scorsone sostenne che “il fotovoltaico sui tetti rende possibile la produzione in autonomia del 18% del consumo dalla base navale e che entro l’anno (2023) arriveremo, probabilmente, al 40%“. A distanza di nemmeno un anno, si limita a sostenere di poter “soddisfare con l’energia ricavata dal sole fino al 25% della massima potenza assorbita dalle unità e dalle utenze della base e stiamo ancora crescendo“. Ma quel che si guarda bene dal dire è con che clausole sono stati installati i pannelli fotovoltaici. Proviamo ad azzardare un’ipotesi. Se l’energia elettrica prodotta fosse immessa in rete e venduta dall’azienda installatrice degli impianti?

La realtà, come è stata dipinta dal sindacato FP Difesa, è da promesse da marinai, in un quadro a dir poco preoccupante. Abbiamo visto i lavoratori e le lavoratrici dell’Arsenale protestare, in sciopero, con le maschere dei puffi, ironizzando sul destino blu dell’Arsenale. Ora abbiamo compreso chi possa essere Gargamella. La protesta sindacale non è una questione nuova, ma sta assumendo la cantilena di chi non riceve ascolto. e tra il dire ed il fare, ci passa il nuovo paradigma. L’interlocuzione politica, nell’era post moderna, utilizza l’annuncio come atto politico anche, o meglio soprattutto, se è privo di ogni sostanza concreta e quindi trasudi ipocrisia. L’annuncio supera l’atto, anzi ne è sostanziale sostituto. Ma la realtà oltrepassa l’annuncio, anche con tutti gli eterni tentativi menzogneri.

A distanza di qualche settimana il carico è posto anche da CGIL e UIL.

Abbiamo espresso, con la lettera di richiesta di incontro, la nostra grave e profonda preoccupazione per la condizione di degrado che caratterizza ormai da troppi anni la Base Navale spezzina. Tale degrado lo si legge nelle crepe profonde di edifici che un tempo furono un grande lustro non solo per il nostro territorio, ma per tutto il Paese, che nell’Arsenale Militare della Spezia aveva il fiore all’occhiello della Difesa italiana. Oggi quel fiore ha perso decoro e dignità, sia dal punto di vista strutturale ma anche, in maniera molto significativa, dal punto di vista dei numeri dell’occupazione. La mancanza di visione, di prospettiva e di investimenti ed i limiti assunzionali della Pubblica Amministrazione hanno inesorabilmente svuotato quello che per decenni aveva rappresentato un importante bacino occupazionale per tutta Italia. I pochi lavoratori civili rimasti, oltre che operare in un contesto di abbandono e privo dei livelli minimi di manutenzione, si prestano ad orari e turni massacranti per sopperire alla carenza organica del sito, ma in cambio non hanno risposta alcuna rispetto al destino della Base Navale.

CGIL e UIL La Spezia
(10 gennaio 2015)

Manca qualcuno all’appello? In cauda venenum arriva anche la CISL. Ma come spesso accade, chi ultimo arriva, male alloggia.

Nell’anno appena trascorso e nel corso del 2025 sono previsti un gran numero di pensionamenti. Oggi sono circa un migliaio i lavoratori civili della base, ma ne andranno via complessivamente 400-500 entro 2025, a fronte di poche unità in entrata. Vogliamo riattivare con forza il confronto di questo territorio da sempre condizionato dalla presenza della Marina, in termini positivi, inevitabilmente con il ministero della Difesa, con il supporto del sindaco, del presidente della Regione, e dei parlamentari, al fine di mettere a terra tutti gli elementi per un piano emergenziale per un concreto e definitivo rilancio della base navale, come più volte promesso e mai messo in pratica se non in maniera parziale. Vorremmo inoltre capire le caratteristiche del piano industriale di sviluppo della base, anche in relazione alla dichiarazione del giugno scorso del ministro Crosetto, e quale saranno appunto gli investimenti in termine di strutture e personale. Dall’ultimo incontro avvenuto lo scorso anno con il Capo di Stato maggiore Credendino abbiamo avuto conferma che a livello nazionale sono 5000 le unità civili mancanti, delle quali un migliaio da destinare all’indotto della difesa spezzina, necessarie ad espletare le funzioni quotidiane mancanti. Ribadiamo la nostra non contrarietà a sinergie con il privato, ma a condizione che il controllo e la programmazione rimanga pubblico e che si escluda la logica del ricorso all’appalto e subappalto al massimo ribasso.

CISL La Spezia
(16 gennaio 2025)

Ora non me ne vorranno alcuni sindacalisti, tuttavia la domanda, per taluni, sorge spontanea: ma da dove siete atterrati? Forse da una galassia lontana e nel lungo viaggio, per approdare sulle sponde del golfo che fu dei poeti, qualche pezzo si è perso per strada. Per esempio. Secondo i dirigenti CISL l’Arsenale avrebbe un migliaio di dipendenti civili. Forse nel conteggio saranno ricaduti anche i caprioli che si tuffano nei bacini. O forse quella cifra si raggiungerebbe sommando le ditte esterne e quelle che esternamente vi hanno posto sede all’interno.

Curioso, poi, che i dirigenti CISL confondano (anche loro) la base navale con l’Arsenale, due strutture ben definite e separata, per ruolo e scopo ma con un discrimine. Nell’Arsenale si lavorava, nella base, si ormeggia. Curiosa anche la loro discriminante sul privato. Va bene, a patto che non si subappalti. Una logica che è già realtà, nella misura in cui pezzi di Arsenale sono ceduti a privati che fanno i loro interessi.

Forse, certi sindacalisti, non si sono curati di leggere le carte e gli atti approvati. Fatto 100 l’investimento pubblico della Difesa per le infrastrutture della Marina militare (le basi), l’88,3% riguarda moli, banchine e darsene, ossia richieste di standard NATO. Solo l’11,7% è destinato a stabilimenti ed officine (arsenali), ossia i luoghi di lavoro. In un quadro in cui la base di Taranto ha assunto, da decenni, un ruolo strategico, quanto peseranno, in quell’11,7%, nelle officine spezzine? Il limite di questa domanda/funzione, per l’infinito tempo di attesa di una risposta, asintoticamente tenderà a zero. In compenso, lo status quo dell’enorme area militare con vista sul golfo che fu dei poeti è così riassumibile, chissà, anche in virtù delle competenze espresse dalla sua direzione.

  • Circa 300 dipendenti  per una superficie di 900.000 metri quadri (di cui 180.000 coperti). Fanno 3.000 metri quadri (600 coperti) a lavorator*;
  • 1 discarica di rifiuti tossici con vista mare;
  • una quantità imprecisata di amianto, in lastre, tubazioni o contaminazioni varie;
  • decine di edifici abbandonati e fatiscenti;
  • decine di navigli in disarmo lasciate marcire alle bitte;
  • decine di automezzi e natanti abbandonati nell’intera area;
  • una caratterizzazione dei fondali da far impallidire qualsiasi chimico.

Potremmo ricordare anche la tragicommedia del Museo Tecnico Navale. Ma almeno su questa, le responsabilità non sono adducibili all’ambito arsenalizio. Resta inteso che, facente parte della Marina militare, avrebbe potuto dare un contributo al dipanare quel nodo. Ma forse non tutti i nodi vengono insegnati nell’arte marinaresca. Sta di fatto che, parafrasando, andato un contrammiraglio ne arriva sempre un altro. Tocca ad Enrico Olivo. E se il buongiorno si vede dal mattina, anche il contrammiraglio entrante non lesina aspettative.

Ritorno alla Spezia dopo undici anni e trovo un grande arsenale con un cuore che ancora pulsa forte. Cacciamine, le navi per la ricerca oceanografica, le navi di soccorso ai sottomarini e le navi a vela. La sicurezza prima di tutto, delle persone e delle strutture. Dovremmo poi rivedere le attività da mantenere interne in ragione delle forze disponibili(*).
E’ un onore per me servire oggi qui, nell’Arsenale che SEMPRE nel corso della sua storia si è distinto e continua a distinguersi per la grande professionalità con cui gestisce la manutenzione di una grande varietà UNICA di navi e di tecnologie. Una varietà di esercizio tecnico che richiede grande competenza, versatilità e flessibilità, qualità che questo Arsenale ha senz’altro finora dimostrato di possedere in grande quantità. Oltre va detto a tanta pazienza, che essendo una virtù va sempre esercitata e non va mai persa(*).

C.A. Enrico Olivo
nuovo direttore dell’Arsenale spezzino
(22 gennaio 2023)

Ma dopo 150 ed un quadro così desolante, quanta pazienza potrebbe avere una comunità che chiede conto di come viene gestita un’area militare così enorme? E quanta pazienza occorre per strutturare un dibattito pubblico sulla questione basi blu?

Noi fummo i gattopardi, i leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra…“.


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Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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