Analisi Il golfo ai poeti Libri
William Domenichini  

A conti fatti, fulge super mare

Se a conti fatti son beati i matti, l’LHD Trieste fulge super mare. Per qualcuno parrebbe un afflato antipatriottico, un irriverente accostamento, eppure fino ad oggi lo splendore superficiale pare appannato dalle torbide acque in cui naviga il fiore all’occhiello della marina della Repubblica. Tant’è che anche chi nutre certezze granitiche ha intravisto qualche crepa. Tra gli squilli di trombe per la consegna dell’ammiraglia della flotta navale militare italiana, l’arrivo nel golfo che fu dei poeti è passato quasi in sordina. Dal pozzo senza fondo butta soldi, in un parcheggio temporaneo nella base navale spezzina (860 mila euro, basi blu escluso) si passa ai finanziamenti. silenziosamente approvati dalle commissioni parlamentari, per adeguare il Trieste all’uso degli F-35B (fino a 172 milioni per i prossimi 10 anni).

Per far risplendere sul mare il Trieste occorre metter mano al portafogli, e non poco. La cifra complessiva è nota, anzi, legge dello Stato n°147/2013. La relazione illustrativa del decreto che ne da l’avvio porta ben tre firme ministeriali presiedute da tal Matteo Renzi: Pier Carlo Padoan, Roberta Pinotti e Federica Guidi. Quest’ultima fece in tempo a porvi la sigla nel marzo 2015, un anno prima di rassegnare le dimissioni per l’inchiesta sugli impianti petroliferi Eni in Basilicata, in cui fu coinvolto il fidanzato della ministra.

Curiosamente nello stesso periodo, l’inchiesta Tempa Rossa coinvolse l’allora capo di stato maggiore della Marina, ammiraglio De Giorgi, uno dei maggiori sostenitori della legge navale. L’ammiraglio di squadra (con incarichi speciali) fu accusato di avere trasferito l’ammiraglio Camerini, da Augusta alla Spezia, per favorire l’imprenditore Gianluca Gemelli, compagno dell’allora ministra Federica Guidi. Poi l’inchiesta fu stata trasferita da Potenza a Roma, e fu archiviata nel gennaio 2017.

Non divaghiamo. Del contratto per la fornitura dell’unità navale anfibia multiruolo, la Landing Helicopter Dock (LHD), e del relativo supporto logistico decennale, riferisce la deliberazione della Corte dei conti (n. 19/2019/G): € 1.171.295.487. Un miliardo e cento settantuno mila, duecentonovanta cinque euro, 487. Nero su bianco nel contratto n. 20340 (16 giugno 2015). I beneficiari sono il raggruppamento temporaneo di imprese: Fincantieri S.p.A. (mandataria) e Leonardo S.p.A. (ex SELEX ES S.p.A.- mandante). La procedura fu approvata dalla Direzione degli armamenti navali (NAVARM), con decreto n° 56 il 17 giugno 2015 e registrato dalla Corte dei conti il 25 giugno 2015. Per esigenze contrattuali sono stati emessi due decreti di impegno: n. 1553/2015 il 4 giugno 2015 a favore di Fincantieri S.p.A. (853.057.994) e n. 1554/2015 il 4 giugno 2015 a favore di Leonardo S.p.A. (273.237.493). Entrambi gli atti sono registrati dall’Ufficio centrale di Bilancio del MISE, l’11 giugno 2015.

Immagine tratta da Si Vis Pacem Para Bellum

Prendendo in esame solo il programma LHD, stante la documentazione ufficiale, nel periodo 2015-2019 sono state pagate complessivamente 95 fatture. Il tempo medio di liquidazione è circa 60 giorni solari, contrattualmente previsti. I pagamenti sono disposti dal Mise, su richiesta di Direzione degli Armamenti Navali (NAVARM), una volta effettuati gli accertamenti di propria competenza. Dal licenziamento del provvedimento al varo passano 4 anni, con i seguenti pagamenti.

2015 2016 2017 2018 2019 Totale
24.757.638 € 81.069.767 € 100.259.195,50 € 247.300.183,34 € 264.026.873 € 717.413.656,84 €

Quindi, l’impegno di spesa liquidato, stante la Corte dei conti, al momento del varo risultava solo il 60% del totale. Teniamo conto che stiamo parlando di un costo che copre circa il 30% del programma di ammodernamento navale della flotta militare e che comprende pattugliatori d’altura, nuove FREEM e navi ausiliari di rifornimento. Giusto per soddisfare l’entusiasmo di chi pensa che un oggetto galleggiante simile comporti sistematicamente un impulso occupazionale. La domanda sorge spontanea. Se alla consegna è stato pagata per poco più di metà, chi e come sono stati remunerati i lavoratori che hanno contribuito a costruirla? Come disse quel tale, non si tratta di una domanda indiscreta. La risposta, tuttavia potrebbe esserla.

Che il Trieste non fosse nato sotto i migliori auspici non bastava il nome di battesimo, poiché il suo predecessore fu affondato nel 1943. Per non farci mancare nulla, c’ha provato pure l’Unione Europea. Sempre secondo la magistratura contabile, il quadro degli appalti per la realizzazione dell’unità LHD Trieste (così anche per i pattugliatori d’altura e le unità ausiliarie) è stato oggetto di procedura di infrazione nr. 2017/2185 (ex art. 258 TFUE).

L’infrazione è per la presunta violazione della direttiva 2009/81/CE in materia di appalti pubblici nel settore della difesa. Solo per quanto concerne l’acquisizione dell’unità navale LHD la deroga alla direttiva appalti difesa si fondò sull’articolo 346, comma 1, lettera b) del TFUE e parrebbe che a Bruxelles l’abbiano bevuta. O forse, sarebbe meglio dire che fatta la legge, trovato l’inganno anche in sede europea. D’altronde non è escludibile, visto il settore, che si sarebbe aperto un casus belli in cui sarebbero incappati anche altri paesi comunitari (ed altre aziende) che hanno interessi anche maggiori rispetto a quelli tricolori.

Poi c’è la storia del molo Varicella e le spese per trasformare le bitte spezzine in un parcheggio al Trieste (861.170,54 €), le lungaggini per la sua resa operativa e, dulcis in fundo, i costi per adeguarla all’uso dei velivoli F-35 (circa 172 milioni di euro). Fatta la tara sull’enorme costo in termini di soldi pubblici, il Trieste arriva nel golfo che fu dei poeti, per le festività natalizie. Beninteso che l’arrivo non ha la fisionomia della strenna natalizia. Anzi. Per esempio, qualche ufficiale del genio avesse informato le 5 società di progettazione che stanno attingendo 14 milioni di euro per tingere la base spezzina di blu? Di cosa? Che parte del lavoro l’hanno già svolto gli uffici militare spezzini. Chissà come conteggeranno lo storno del lavoro già svolto, ivi compreso il molo adeguato a parcheggio, temporaneamente.

A conti fatti, tra una spesa e l’altra, risplendere sul mare costicchia. E senza computare spese vive (carburante, cibo e vestiari, munizionamenti, ecc.), circa 1,34 miliardi di euro, salvo imprevisti. Qualcuno dirà che quella cifra ha contribuito a sostenere le buste paga di un discreto numero di lavoratori. Al netto dei tempi di pagamento, come già visto, proviamo a fare una sorta di sliding door.

Parallelamente, stante le ultime notizie, l’ospedale che La Spezia attende, da almeno 10 anni, mentre quello esistente cade, letteralmente, a pezzi, costerebbe 264,6 milioni di euro. 1.360 milioni di euro per rifulgere sul mare, si chiude la porta, diviso 264,6 milioni di euro per un ospedale. Si apre la porta, non c’è più il Trieste, ma sorgono 5 ospedali, come il Felettino. Ma la realtà è che le porte restano chiuse, i cantieri degli ospedali non si vedono, o meglio sono una sequela di posa di prime pietre, ma il Trieste rifulge sul mare. Mal che vada, l’ammiraglia è dotata di 700 m² attrezzati ad ospedale, con sale operatorie, laboratorio di radiologia ed analisi, ambulatorio odontoiatrico e zona degenza per 28 ricoverati gravi. Se gli spezzini volevano il Felettino, si accontenteranno del Trieste. Chissà se è inserito nel CUP per le prenotazioni di interventi o visite specialistiche.

Moli Varicella (novembre 2024), deserto Moli Varicella (dicembre 2024). Le FREEM Antonio Marceglia (F 597) e Carlo Margottini (F 592), il pattugliatore Giovanni delle Bande Nere (P434) e il Trieste

Messe da parte acribia ragionieristica e fantasiose ricostruzioni, arriviamo al 14 dicembre 2024. Il Trieste arriva, circa 40 mesi dopo aver solcato per la prima volta le acque del golfo che fu dei poeti e conclusa, almeno nell’auspicio per le tasche dei contribuenti, la sua odissea. Ore 08:00 (UTC+1), la sua prua solca per la prima volta la darsena Duca degli Abruzzi, assistita da alcuni rimorchiatori. Lo fa con la sua bandiera di combattimento e con la consegna ufficiale alla forza armata, all’albeggiare di una fredda mattina d’inverno, dove il sole fatica a sortire dalle nubi. Ma soprattutto lo fa senza troppi clamori mediatici. Sembrerebbe una delusione, per il fiume di retorica a cui siamo abituati. Tuttavia qualche eccezioni. che conferma regola e profilo basso, c’è. Salvo qualche laconico trafiletto nelle cronache locali, l’arrivo lo si scorge dalle finestre di chi amministra la città.

La mia nuova vicina di casa.
Benvenuta Nave Trieste.

Pietro Antonio Cimino
assessore ai lavori pubblici del comune della Spezia
(15 dicembre 2024)

A conti fatti, fulge super mareSecondo i dati del produttore si tratta di un bestione galleggiante con una lunghezza fuori tutto di 245 metri per 36 metri di larghezza, alta all’incirca 30 metri. In sostanza un dislocamento di circa 36.000 tonnellate ed un pescaggio di circa 7,5 metri. Salta all’occhio che, al momento dell’approdo la linea di galleggiamento sorpassa di poco lo scafo “rameoso”, ossia quella porzione trattata con vernice antivegetative che impedisce la proliferazione di cirripedi, le alghe e altre forme di vita acquatica dal fissarsi allo scafo della nave. L’uso del biocida, usuale per scafi delle navi, ha un impatto notevole, ma un compromesso necessario per evitare che gli scafi aumentino la resistenza fluodinamica, consumando maggior carburante.

Ma per chi non si è perso le puntate precedenti ricorda che la questione al Varicella, per un’unità simile, non è più l’impatto dei biocidi in un’ecosistema ormai compromesso, ma il rischio di incagliarsi. Ecco che la perizia dei rimorchiatori è ben riposta. Il Trieste approda di tribordo, con la poppa che farebbe capolino dal molo Varicella. Forse le precauzioni non sono mai troppe. Ben lontana da fondali insidiosi, perché quelli, con per dragarli occorre tingere la base di blu. E ben scarica. Il bagnasciuga dell’unità, così ampio, fa supporre che per restare alle bitte spezzine occorre, per così dire, star leggeri.

Al netto delle perizie marinaresche, visti i precedenti, sorgono altre questioni, almeno in termini di emissioni atmosferiche e di attività radar in banchina. Questioni che il braccio destro della massima autorità sanitaria cittadina (leggasi sindaco) avrebbe potuto porsi. Ma non l’ha fatto, forse essendo un ex sottufficiale marina militare in quiescenza,  lo spirito (e la retorica) di corpo prevale. La pietà, se ci concediamo una licenza recanatese. Forse il riso per la declinazione al femminile del naviglio militare. Mi si sa, di questi tempi la sgrammaticata fa curriculum.

Qqualche preoccupazione è figlia dei precedenti e dell’estrema vicinanza alle abitazioni (circa 350 metri), ivi compresa quella dell’assessore. I radar del Trieste sono attivi? Emettono radiazioni? C’è un possibile inquinamento elettromagnetico che ne deriverebbe? C’è un impatto per la salute pubblica? L’elettromagnetismo con il segreto intorno, come nel caso del Fasan e del Caio Duilio, le FREEM ormeggiate ai moli Varicella che, di tanto in tanto, mettono in moto i loro dispositivi radar. Ed il Trieste? Poiché la distanza è sempre quella, val la pena sbirciare dal buco della serratura e verificare la segretezza dei dispositivi di cui è dotata.

Per esempio il Trieste è dotato di un sistema di gestione degli armamenti (Combat Management System, CMS) in grado di utilizzare i dati forniti dal Dual Band Radar (DBR) che opera in banda X e C e del radar a lunga sorveglianza che opera in banda L. Armamenti e sorveglianza. A bordo dell’ammiraglia tricolore sarebbero installati i seguenti dispositivi radar, almeno quelli rintracciabili.

  • PAR SPN-720: radar di approccio di precisione, sistema volumetrico 3D capace di inseguire 300 tracce e 12 bersagli contemporaneamente, portata superiore ai 200 km.
  • Radar Kronos Power Shield (AESA in banda L): un sistema di sorveglianza multifunzione, con una portata fino a 2.000 km.
  • IFF SIR-M-PA: radar secondario per l’identificazione di navi e aeromobili.
  • Radar Kronos bibanda o dual band (DBR AESA 4FF): banda C (Kronos Quad – Fitted For) e banda X (Kronos StarFire).
  • TACAN AN-553/N: sistema per avvicinamenti di precisione e invio di informazioni agli aerei in volo.
  • Sistema EWS “Zeus”: sistema dotato di un sottosistema di attacco elettronico basato su moduli GaN TRX a stato solido. La componente elettronica di scoperta (EW) è integrata con un RESM (Intercettatore di emissioni radar), RECM (Ingannatori radar) e CESM (Intercettatore di comunicazioni radio) efficaci sia in alto mare sia in acque costiere.
  • SADOC 4: sistema automatico per la direzione delle operazioni di combattimento.

Immagine tratta da Si Vis Pacem Para Bellum

Ma non allarmiamoci. L’excursus potrebbe avere il mero senso di un’esercizio di stile e d’amore per la ricerca. La questione è che la vicina di casa è stata, tempo addietro, assegnata alla base navale di Taranto. Quindi, con profondo rammarico, la skyline della costa di ponente sarà deliziata per poco. Forse passate le feste, la sua prua riprendere a fulgere sul mare, per allietare la retorica locale (e non) nei saltuari rientri, per portare l’equipaggio a casa, in attesa che venga definitivamente allocata sui moli pugliesi. Alla Spezia resterà un molo parcheggio in attesa di una tinteggiata blu.

Secondo una nota parafrasi “sprugolina”, che ormai mi è consuetudine, grazie all’interessamento dell’on. videsindaca Maria Grazie Frijia o delle senatrici Raffaella Paita e Stefania Pucciarelli (e dei loro tanti predecessori spezzin*), un futuro blu, profondamente blu, attende il golfo dei poeti. Come non potrebbe esserlo con 14 nuovi approdi di unità della NATO? Per la rubrica “gli smemorati del giorno dopo“, una delle parlamentari citate, di fronte ad una folla di centinaia di persone, affermò il suo pieno impegno nel coinvolgere il capo di stato maggiore della difesa, l’allora ammiraglio Cavo Dragone, sulla faccenda spezzina. Sapete com’è andata? Oggi il capo di stato maggiore è il generale Portolano e del destino tinteggiato della base, ma soprattutto dell’impatto sulle comunità del golfo spezzino, non se ne sa più nulla. O forse, chissà, fulge super mare.

Eppure, se si dovevano spendere 354 milioni per la tinteggiatura, valeva la pena impegnarsi a bonificare e riorganizzare un’immenso spazio, inquinato ed inutilizzato. Ma questo è quel che passa il convento. Poca cosa. Un grande genio del genere umano soleva dire: “Sottile è il Signore, ma non malizioso“. Ironia della sorte, mentre il Trieste stringeva le cime alle bitte spezzine, avveniva la consegna delle firme per “un golfo di Pace, Lavoro e Sostenibilità. No base blu“.

Dallo stato attuale alla base tinta di blu

Base La Spezia - Stato attuale Progetto Base blu La Spezia

Dalla base tinta di blu ad un’ipotesi di progetto alternativo

Progetto Base blu La Spezia Ipotesi alternativa a Base blu
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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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