La strana storia del signor Bugiardini
Diritti e rovesci Evidenza
William Domenichini  

La strana storia del signor Bugiardini

Questa può essere una storia vera, forse frutto della fantasia, ma certamente è una strana storia, quella del signor Bugiardini. Una come tante, sussurrata da venti di maestrale, nelle tiepide sere d’ di fine estate, lungo le scogliere di un golfo come tanti.

C’era una volta una città meravigliosa. Le case, placide, erano adagiate sul mare di un golfo rilucente. L’aria, flebile, invadeva le vite delle persone con profumi di pitosforo in primavera, con olezzi di salsedine in estate. L’autunno veniva annunciato da temporali che riproponevano la forza della natura, dimenticando nell’oblio quel che fu della calura estiva. Le piogge rigeneranti gonfiavano le viscere della terra e in inverno l’acqua sotterranea sgorgava, per magia, dai pertugi che scavava, tra zampilli e pazzi spruzzi. Le donne, gli uomini ed i bambini che abitavano intorno al golfo pescavano il mattino, giocavano nel giorno, festeggiavano la sera, sognavano la notte.

In un pallido inverno, mentre la natura riposava, un bieco omino oscuro, arrivò alle porte della città, dal nord. Si diresse nella piazza principale, salì sui gradini del palazzo e disse: “Mi piace questo golfo, qui costruirò navi da guerra in nome del re e della sua gloria“. Così la ridente città s’incupì, di giorno in giorno sempre più. Sparirono le feste, scomparvero gli zampilli d’acqua, non si seppe più nulla di sogni e di profumi. Non contento, quell’essere immondo, costruì una ciminiera e scavò una caverna. Salì nuovamente sui gradini del palazzo e disse: “Grazie a me, non dovrete più pescare, festeggiare e sognare, ora potrete lavorare“.

Così, gli abitanti della città, giorno dopo giorno, entravano nelle officine maleodoranti, nella caverna che sbuffava gas puzzolente e nella ciminiera che sputava nera caligine. Uomini e donne venivano inghiottiti al mattino quando l’alba non era ancora sorta e ne uscivano, neri e tristi, quando il sole si era già coricato. Nella città non c’erano più estati o inverni, sparirono autunni e primavere, lasciando solo un anonimo grigio quotidiano. Persino i pesci del mare cercarono riparo altrove.

Passarono i mesi. Passarono anche gli anni. Nessuno si ricordava cosa fosse la città prima dell’arrivo del bieco omino oscuro. Vennero anche issate statue in suo onore. Una in particolare, ergeva in una piazza, color del carbone, con fiaccole fiammeggianti del gas di cui si alimentavano. Ai governi del paese si successero i personaggi più variopinti. Gobbi, cinghiali, cavalli di razza, nani, ballerine, mercanti ed addirittura cavalieri con macchia e che incutevano tanta paura. Banchieri e trafficanti, contabili e nullafacenti, poco importava cosa volessero fare, se non essere ancelle di chi, dall’alto, ordinava loro come comandare. Tutti, ma proprio tutti, volevano più ciminiere che sputassero caligine e più caverne per nascondere del gas, più navi che partissero per la guerra.

Nella città, sempre più grigia e sempre più dimenticata, ogni giorno che il sole oscurato tentasse di far capolino senza riuscirvi, da un portone usciva, sempre alla stessa ora, un ometto. Sottobraccio portava la sua bicicletta, facendo attenzione a non toccare le ruota al suolo perché, non voleva si sporcasse di caligine. Il suo nome era Piergino Bugiardini e, per uno scherzo del destino, riusciva a mentiva ogni qualvolta aprisse bocca. Non mentiva spudoratamente, le sue erano bugie innocue, quasi dette a fin di bene. “Signora come le dona questo vestito“, seppur tutti indossassero vecchi stracci anneriti. “Mio caro la trovo bene” diceva ai moribondi malandati. “Che mente raffinata!” soleva dire alla gente sempre più stolta. E tutti gli sorridevano, in una città in cui non c’era nulla di cui sorridere.

Un giorno, gli abitanti della città, iniziarono, all’improvviso, a starnutire e tossire. Tossirono e starnutirono così tanto che scesero per le vie della città. Inizialmente si udì qualche “ecciù” e qualche “coff coff“, qua e la. Ma in men che non si dica, un frastuono assordante iniziò a levarsi dalle strade, verso il cielo. Nessuno mai sentì un rumore così fragoroso e tutti, ma proprio tutti, iniziarono a camminare, prima verso la ciminiera e poi verso la caverna, tossendo e starnutendo.

Mentre la folla starnutosa e tosseggiande procedeva, Bugiardini uscì, come suo uso e costume ogni giorno che vedeva coricar le stelle, dall’uscio di casa. Tra uno starnuto ed un colpo di tosse i passanti iniziarono a voltarsi verso di lui. Non per la sua bicicletta sottobraccio. Nemmeno per quegli occhietti tonti con cui guardavano la folla che gli passava attorno. Men che meno per le sue solite parole mendaci. Tutti si voltarono perché Bugiardini era l’unico che ne tossiva ne starnutiva. Una bambina si avvicinò e lo additò: “Perché tu non tossisci?“. Un bambino lo raggiunse e rimarcò: “Già e perché non starnutisci?“. E tutti, proprio tutti, si fermarono ad osservare l’unico che ne starnutiva e ne tossiva.

Bugiardini vide intorno a se quel fiume di persone, donne ed uomini, vecchi e bambini. Tutti lo fissavano in attesa di una risposta, alle domande poste dai due pargoletti. Bugiardini si guardò intorno ed esclamò: “Perché ho un potere! Sono l’unico in grado di abbattere la ciminiera e chiudere la caverna“. La folla festante prese Bugiardini in trionfo e lo condusse al palazzo, dove soleva abitare il capo della città. Ma in quel palazzo non c’era più nessuno. Così Bugiardini si sedette sullo scranno più alto, guardò la folla esultante, tra colpi di tosse e starnuti e promise: “Da oggi tutto cambierà, ve lo prometto!

Passarono gli anni. Bugiardini era ancora seduto dove posò le sue terga quel giorno in cui entrò nel palazzo. Di tanto in tanto percorreva le vie della città, stringeva mani, elargiva sorrisi, tagliava nastri, abbracciava i bambini e presenziava ai compleanni dei centenari. Le ciminiere si moltiplicarono, tanto da arrivare anche dal mare e galleggiare dal giorno alla notte, ormeggiate sui moli anneriti. Le caverne era più zeppe di gas di prima e tutta la gente della città continuava a tossire e starnutire. Ma tutte le domeniche, con il cielo annerito dai fumi e l’aria intrisa di gas puzzolente, Bugiardini si affacciava dal palazzo arringando la folla, tossente e starnutente. “Voi sapete bene che grazie a me la ciminiera non sbuffa più caligine e la caverna non sputa più gas“. E la folla applaudiva.

Non vi ho ingannato dicendovi che si trattasse di una strana storia, quella del signor Bugiardini. Una domenica, come tante, Piergino Bugiardini si presentò al pubblico, dal balcone del palazzo e disse: “Da domani la nostra città si chiamerà blu!“. Un tripudio di applausi, starnuti e colpi di tosse si levò, così Bugiardini, festante proseguì: “Tutto sarà blu. Le strade, i moli, le notti ed i festival. Le fiere, le officine, le sagre e le vetrine!“. Gli applausi fecero tremare i cassonetti traboccanti di rifiuti ma, all’improvviso, una voce stridula, si alzò più in alto di tutto. Bugiardini fu impietrito da quell’urlo. La folla si voltò aprendosi e mostrando una bambina. Aveva i capelli dorati e gli occhi color del mare. Le gambe divaricate, una mano serrata su un fianco e l’altro braccio, proteso verso Bugiardini, con l’indice cicciottello della mano ad indicarlo.

Tu! Perché sei l’unico che non tossisce e non starnutisce“. E Bugiardini: “Perché sono il capo della citt…” ma non fece in tempo a terminare che la bambina proseguì: “Tu sei solo un bugiardo! Hai moltiplicato le ciminiere e le caverne, la città puzza e ci ammaliamo e tu…“. Bugiardini divenne nero dalla rabbia, esplodendo in un grido: “Io sono il capo della citt…“, ma la bambina lo zittì nuovamente: “La città è di tutti noi e la rivogliamo, come fu un tempo!“. A quell’affermazione Bugiardini gli si rizzarono i capelli, il volto divenne furente. Il volto rubicondo, gli occhi infuocati e i capelli ritti, iniziando a tossire ed a starnutire. All’improvviso iniziò a cadere, letteralmente. Pezzo dopo pezzo, la faccia del bugiardo si svelò chi fosse in realtà: il bieco omino oscuro dal nord.

La bambina si mise in marcia verso la ciminiera e la gente, fino a pochi istanti prima in un tripudio di applausi per quel capo che li ingannò per tanto tempo, tra starnuti e colpi di tosse, iniziò a seguirla, lasciando il bieco omino oscuro del nord senza uditorio, piangente e disperato. Il rumore dei passi di così tante persone fece vibrare l’aria, a tal punto che la ciminiera si sbriciolò, le ciminiere galleggianti affondarono tra i flutti del mare, la caverna sprofondo nelle viscere della terra. Il maestrale, improvvisamente, ritornò a spirare, l’aria divenne fresca e frizzante, facendo tornare gli alberi verdi e rigogliosi.

La strana storia del signor Bugiardini arriva al suo epilogo. Al bieco omino oscuro dal nord non rimase che incamminarsi sulla strada che usciva dalla città, piangendo, tossendo e starnutendo. Il sole tramontava. Il mare stavo ritornando blu, ma blu veramente. L’aria riprendeva una freschezza dimenticata, la sera diffondeva un profumo di mare che pareva perduto per sempre. La gente smise di tossire e di starnutire, tornò a pescare di giorno, a festeggiare la sera, a sognare la notte.

La strana storia del signor Bugiardini
Disegno di Andrea Manuguerra

0 0 voti
Rating articolo
Sottoscrivi
Notificami
Lascia un tuo commento
Lascia un tuo commento

0 Commenti
Il più vecchio
Più recente Più votato
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
3d book display image of Il golfo ai poeti

L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

ORDINALO!
0
Mi piacerebbe conoscere il tuo pensiero. Lascia un tuo commentox