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William Domenichini  

Houston abbiamo un problema

Se l’88% dei soldi pubblici va in basi militari e solo il 12% va a mantenere le strutture produttive, Houston abbiamo un problema. Forse più d’uno. La cinghia di trasmissione tra militarizzazione dei territori e ricatto occupazionale sembra ufficialmente entrato in crisi, ma come sempre, a farne le spese, sono gli ultimi della catena alimentare. Non solo. Se da un lato la menzogna occupazionale si scioglie come neve al sole, quel che rimane è uno scenario di inquietante insicurezza in quelle vestigia di luoghi di lavoro ed una sostanziale indifferenza sotto il profilo della sostenibilità ambientale (alias salute).

La Spezia rappresenta il segno dei tempi. Privatizzare i ricavi, socializzare le perdite è tradotto in molteplici versioni. Se da un lato l’immenso spazio arsenalizio non è che un guscio vuoto ed inquinato, l’abbandono presenta il suo conto. Per esempio con gli effetti di ordinari eventi metereologici, che in una notte hanno messo in evidenza le lacune della gestione del mondo oltre quel muro, sormontato da un filo spinato ed adornato da cartelli: zona militare. Ma è un caso isolato? Parrebbe proprio di no.

24 luglio 2024Arsenale di Augusta, Sicilia. Il bacino galleggiante, un bestione da 6.000 tonnellate di portata e 152 metri di lunghezza, all’improvviso cala a picco e si adagia sul fondale nel sito di Pantano Danieli. Il Fato vuole che non vi siano conseguenze per il personale. Dalla Marina militare arriva una nota di rasserenamento: “Al fine di garantire l’incolumità del personale dei bacini adiacenti e la salvaguardia delle strutture a terra, si è reso necessario adagiare sul fondale il bacino“. Strano destino per una delle strutture che avrebbero rilanciato le attività manutentive dell’arsenale siciliano termini in così malo modo, come ebbe a dire l’attuale ministro del mare.

Augusta ha tutti i titoli per candidarsi ad aver un ruolo da protagonista nell’economia del mare, con il mare per il mare, ma tutto questo non può non essere coordinato all’interno di una cornice regionale. Dipende da tutti noi saper fare sistema. Senza sciocche gelosie o protagonismi. La comunità megarese gioca la carte del traffico mercantile e commerciale, Catania vuole giocare alleata con Augusta e sa che può diventare un polo di interesse turistico assolutamente senza concorrenti. In tutto ciò si aggiunge integrazione storica e consolidata della Marina che costituisce un valore aggiunto.

Nello Musumeci, allora presidente della regione Sicilia
(30 giugno 2018)

2 Agosto 2024. Arsenale di Taranto. Puglia. Nel pomeriggio, per cause ancora da accertare, la barca porta che chiudeva il bacino di carenaggio cede di schianto. Il bacino, svuotato dall’acqua da alcuni giorni per permettere le operazioni preparatorie all’ingresso di una unità navale in manutenzione, si è allaga violentemente, in poco tempo. Il Fato vuole che al momento non fosse presente personale o mezzi. Il bacino è tra i più grandi d’Europa. Lungo 243 metri, largo 35, costruito nel 1916 ed intitolato a Edgardo Ferrati, famoso per il recupero della corazzata Da Vinci, portata in bacino capovolta. Una struttura in grado di ospitare navi delle dimensioni della portaeromobili Cavour, come documentato dalla stessa Marina militare, il 19 luglio 2019.

C’è chi parla di una tragedia sfiorata. Fino alle ore 12 circa, nell’area del bacino Ferrati operavano una decina di persone e se queste non sono state coinvolte dall’impeto dell’ondata arrivata dal Mar Piccolo è solo per un puro caso, per una fatalità, per fortuna e grazia ricevuta. Poche ore dopo ed oggi a causa di acclarate negligenze, staremmo parlando di una strage. Non solo. In mare probabilmente finiscono residui dei lavori che erano stati effettuati nella nave che pochi giorni fa occupava il bacino. Fanghi, polveri, legni, serbatoi, carpenterie e quanto era servivo ai lavori nel bacino compreso ciò che è stato travolto sulle stesse banchine a causa dell’onda d’urto provocata dalla notevole portata d’acqua, sarebbe finito nel mar Piccolo. Vi ricorda qualcosa?

Disastri ambientali da un lato, crollo verticale delle strutture pubbliche. Eppure quanti annunci abbiamo assistito sull’importanza degli arsenali? Annunci, per l’appunto. Perché nei fatti, basta paragonare i livelli di investimento di soldi pubblici. Nel settore dell’infrastruttura militare marittima (il programma basi blu), ad oggi siamo a quota 1,76 miliardi di euro. Nel settore delle infrastrutture produttive funzionali (arsenali)? L’ammodernamento infrastrutturale è stimato in 233 milioni, di cui 143,58 milioni, relativi alla prima tranche, finanziati a valere sul bilancio ordinario del Ministero della Difesa, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Fatto 100 l’investimento pubblico della Difesa nel settore Marina, il 88,3% riguarda moli, banchine e darsene, ossia richieste di standard NATO, l’11,7% a stabilimenti ossia alla “modernizzazione”, la messa in sicurezza e lo sviluppo di luoghi di lavoro.

È inaccettabile che la sicurezza di questi lavoratori venga messa a rischio così come lo è nelle altre sedi di servizio. Il sindacato auspica celerità e determinazione nelle indagini, per garantire che l’Arsenale Vecchio di Taranto sia un luogo di lavoro sicuro e conforme a tutte le normative vigenti. I militari sono e saranno sempre pronti all’estremo sacrificio, ma questo non vuol dire che non si debba operare perché venga loro garantita la sicurezza dei luoghi di lavoro durante le attività di ordinaria manutenzione o di rappresentanza.

Sindacato italiani dei lavoratori militari della Marina
(2 settembre 2024)

Houston abbiamo un problema. Per un curioso scherzo del destino cosa accade pochi giorni prima delle sventate sciagure a Taranto ed Augusta? Che l’amministrazione dell’Arsenale militare spezzino bandiva gara per dragare gli accessi ai bacini.

23 luglio 2024. Marinarsen La Spezia pubblica l’avviso 24L6009. “Spostamento dei sedimi posti sul fondo delle aree prospicenti l’ingresso dei bacini in muratura interni all’Arsenale Militare Marittimo di La Spezia. Attualmente la quantità eccessiva di tali sedimi rende estremamente difficoltosa la manovra delle barche porta mettendo a repentaglio la sicurezza di uomini e mezzi durante le fasi di apertura e chiusura degli stessi“. Al di là dei refusi, balza all’occhio la cifra: € 297.077,17.

La specifica tecnica apre un mondo. L’Arsenale esegue attività finalizzate al mantenimento in efficienza dei mezzi navali della Marina Militare (Unità navali di superfice e sommergibili), oltre ad attività tese a garantire l’esecuzione di lavori e servizi per Enti a terra della Marina Militare, per altre forze armate, per altre Amministrazioni dello Stato, per privati o per Stati Esteri nell’ambito di specifici accordi internazionali.

L’area marittima di competenza specifica dell’Arsenale spezzino è costituita parzialmente da una “Prima Darsena” e integralmente da una successiva, più interna, denominata “Seconda Darsena”. All’interno della seconda darsena sorgono sei bacini, in muratura, adibiti alla manutenzione dei mezzi navali militari. Cinque strutture con uno sviluppo di oltre 1 chilometro di banchine, per una superficie di quasi 24.000 mq.

Bacino Lunghezza [m] Larghezza [m] Superficie [mq] Altezza [m] Capacità [mc]
1 109,20 22,80 2489,76 9,55 21000
2 131,40 24,50 3219,30 10,66 29000
3 134,40 24,50 3292,80 9,88 29000
4 109,20 22,80 2489,76 9,55 21000
5 215,07 33,00 7097,31 10,64 82000
6 214,78 28,50 6121,23 9,62 53000

La seconda darsena è lo specchio d’acqua il cui unico accesso, provenendo dalla prima darsena, è costituito da un canale navigabile largo circa 50 m e lungo circa 150 m. Una considerevole porzione della struttura dell’Arsenale Militare, adibita allo stazionamento delle unità navali in sosta lavori, sulle quali si eseguono interventi tecnici e lavorazioni di ripristino efficienza e manutenzione generale. Tuttavia, come ai miei 25 lettori è noto, non è raro ritrovare relitti in disarmo, abbandonati da anni.

Chiarito il contesto, dove sta la questione? Semplice. Nella presenza di ingenti quantità di sedimenti fangosi depositati sul fondo della seconda darsena, in particolare in corrispondenza degli accessi ai sei bacini in muratura. Come si formino questi sedimi, nessuno ne fa menzione. Forse dal deposito dei canali che scendono dai crinali circostanti e furono tombati con la costruzione dell’Arsenale? Sarebbe troppo chiedere di analizzare le cause di un problema che verrà certamente risolto con soldi pubblici.

Sta di fatto che tali sedimi hanno reso estremamene difficoltosa la movimentazione delle barche-porta. Stiamo parlando delle strutture galleggianti, amovibili, adibite alla chiusura dei bacini. Tale situazione, nero su bianco, metterebbe “a repentaglio la sicurezza di mezzi e uomini deputati alla loro manovra e comportando notevoli ritardi sulle attività di ingresso/uscita delle Unità Navali interessate all’esecuzione di specifiche manutenzioni all’interno degli stessi bacini di carenamento“. Come dubitarne viste le vicende di Taranto?

Secondo le stime, la profondità, nei pressi dei bacini, mediamente compresa tra i 9.0 m e i 9.5 m per consentire un’agevole movimentazione delle barche porte. In realtà, alla luce delle difficoltà riscontrate nel recente passato durante le operazioni di movimentazione delle barche-porte, ad oggi si stima che l’altezza dei sedimenti nelle aree di interesse nei pressi di ingresso bacini sia di oltre 1 m: ciò ha comportato quindi una riduzione della profondità del fondale che attualmente si attesta a circa tra 8 ed 8.5 m.

L’esigenza di spostamento di sedimenti e materiale fangoso all’interno della Seconda Darsena sarebbe quindi limitata alle aree prospicenti gli ingressi ai bacini in muratura. Quanto? Si stimano circa 3.000 mc. Ipotesi, perché, il bando si basa su stime non sostenute da analisi batimetriche, paradossalmente da farsi in un secondo momento. Basi blu docet. Dove? L’operazione prevede lo spostamento del materiale verso l’interno della seconda darsena, in una porzione di area interna libera non interessata da specifiche operazioni portuali.

Quindi non sarebbe previsto il trasferimento di sedimenti in aree di stoccaggio temporanee esterne all’area di cantiere, ovvero presso vasche di colmata o strutture similari. In ragione del fatto che trattasi di “spostamenti in ambito portuale” intesi “quali movimentazione dei sedimenti all’interno di strutture portuali per le attività di rimodellamento dei fondali al fine di garantire l’agibilità degli ormeggi, la sicurezza delle operazioni di accosto ovvero per il ripristino della navigabilità, con modalità che evitino una dispersione dei sedimenti al di fuori del sito di intervento”.

L’operazione di spostamento dei sedimenti dalle zone prospicenti i bacini di carenamento all’interno della Seconda Darsena e successiva rimodellazione del fondale sarà eseguita conformemente al Regolamento n°3 della Regione Liguria del 18 giugno 2007, recante le norme per il rilascio dell’autorizzazione all’immersione in mare di materiali ed attività di posa in mare di cavi e condotte ai sensi dell’articolo 109 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 (norme in materia ambientale). In altri termini, salvo una campagna di monitoraggio dei solidi sospesi (torbidità) non verranno eseguiti altre analisi. Perché? Perché le aree di prelievo risultano adiacenti alle aree di rilascio controllato? Forse perché le fasi di prelievo e di rilascio controllato avvengono in modo contestuale e temporalmente ravvicinate? O perché le operazioni saranno eseguite senza lo scarico massivo da bettoline? Tutte condizioni che consentirebbero di non procedere alla caratterizzazione fisico-chimica dei sedimenti.

Tutto questo, nella speranza che le vicende di Taranto o di Augusta non si replichino nell’arsenale spezzino. Al netto degli scongiuri.

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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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