Analisi Il golfo ai poeti Libri Local
William Domenichini  

Arrivano gli euro per gli arsenali!

Tutti a dire peste e corna delle basi blu, mentre, zitti zitti, arrivano gli euro per gli arsenali. Ne ha parlato anche la Komsomólskaia Pravda, ma nei quotidiani locali, la notizia non ha avuto il risalto che merita. Forse perché non se ne sono accorti? O forse perché il tentativo è talmente ridicolo che, come si suol dire, c’è da ridere per non piangere? Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi e procediamo con ordine. Con un’avvertenza. Armatevi, è il caso di dirlo, di santa pazienza. A differenza dei predecessori, il governo Meloni non si nasconde dietro ad un dito, quando si tratta di foraggiare il settore militare. Anche perché, diciamocelo, non pagano i ministri di tasca loro, ma i contribuenti, della serie son tutti patrioti con il portafogli degli altri.

Arriva nelle aule delle commissioni parlamentari il programma pluriennale denominato “Piano rinnovamento arsenali” (A.G. 141), concerne l’adeguamento e ammodernamento degli arsenali e degli stabilimenti di lavoro della Marina militare. Secondo la scheda tecnica, in continuità con il precedente. Quale di grazia? Ma naturalmente il “Piano Brin“, ossia una foglia di fico, strategica, che nel 2023 ha visto una spesa di solo 8 milioni di euro e nel 2024 una previsione di appena 1,6 milioni di euro.

A Palazzo Madama, come di tradizione negli ultimi tempi, la questione non ha comportato una lunga ed estenuante discussione. Anzi. Con risolutezza ed efficienza i senatori e le senatrici, presentato l’atto, silenzio assenso, e via di approvazione.

La Commissione affari esteri e difesa, esaminato l’atto del Governo, condivisa l’esigenza di adeguare agli standard industriali di ultima generazione le infrastrutture e gli impianti degli Arsenali e degli Stabilimenti di Lavoro della Marina Militare, raccomandando al Governo di fornire puntuale informazione sul prosieguo anche nel prossimo Documento programmatico pluriennale della difesa, esprime parere favorevole.

Alla commissione Difesa di Montecitorio le cose invece sono andate più alle lunghe. Circa 30 minuti tra l’enunciazione, il dibattito (perdonate il termine) e la votazione.

Nel mare di retorica burocratico-politiche (anche un po’ spicciola) non si comprende il quanto, il come ed il cosa. Secondo il documento licenziato alla Camera, il programma sarebbe concepito per un piano di sviluppo pluriennale di presumibile avvio nel 2023. Visto che non è stato prodotto alcun documento che dia una vaghissima idea sull’oggetto in questione, l’utilizzo del “presumibile” va interpretato con benevolenza. La durata complessiva ipotizzata sarebbe di 10 anni (2023-2032), ed anche qui il fatto che si rimanga sul campo delle ipotesi è apprezzabile in termini di onestà intellettuale.

Quel che è chiaro, anzi cristallino, è l’obiettivo: l’adeguamento agli standard industriali di ultima generazione delle infrastrutture e degli impianti degli stabilimenti di lavoro, affinché risultino funzionali, rispondenti alle normative vigenti in materia antisismica, di sicurezza e di efficientamento energetico. Letta tutta d’un fiato scorre. Poi, pensando alla realtà, per esempio dell’Arsenale spezzino, o scatta la risata o si svolta verso la fantascienza. Transitando all’interno della strategica base spezzina, per causa di forza maggiore, non è sfuggito il degrado e l’abbandono, già facilmente rilevabili facendo una passeggiata sulle alture. Tuttavia, un albero (c’è chi scommette che sia un fico) che spunta da un tetto di un’ex officina, ha portato a riflettere sulle possibili strategie di adeguamento agli standard industriali di ultima generazione. Si taglia il fico? O si demolisce il rudere? C’è l’ipotesi conservativa, o se preferita, di restauro filologico. Lasciamo tutto così, poi si vedrà.

Ma veniamo al quanto. L’onere complessivo per l’ammodernamento infrastrutturale è stimato in 233 milioni, di cui 143,58 milioni, relativi alla prima tranche, finanziati a valere sul bilancio ordinario del Ministero della Difesa, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Tale somma, già spendibile, permetteranno l’avvio delle fasi di progettazione, unitamente a circoscritti ed auto-consistenti interventi nei principali stabilimenti di lavoro. Al di là della soggettiva definizione di “principali stabilimenti di lavoro“, quel che salta all’occhio, almeno per chi si concede ancora il lusso dell’acribia dei numeri.

Con l’atto di governo 111, l’investimento dello Stato nelle basi militari della Marina arriva alla cifra considerevole di 1,76 miliardi di euro. Basi blu. Posti di lavoro? Nessuno. Fatto 100 l’investimento pubblico della Difesa nel settore Marina, il 88,3% riguarda moli, banchine e darsene, ossia richieste di standard NATO, l’11,7% a stabilimenti ossia alla “modernizzazione” di luoghi di lavoro. Senza tener conto che, stante la programmazione attuale, il programma d’interventi per l’ammodernamento delle infrastrutture operative, tecnico-logistiche ed alloggiative degli arsenali di Taranto, La Spezia, Augusta e del Centro di Munizionamento Avanzato (CIMA), prevede 3,1 milioni di euro per il 2023, 3,7 per il 2024, 9,3 per il 2025, 9,3 per 2026, 83,6 per il biennio 2028-2029 e 44 milioni di euro per 2036. Totale 143,7 milioni di euro, di cui, verosimilmente, solo 16,1 credibili.

Visto che dei canti delle sirene riguardo all’arsenale spezzino abbiamo consumato tonnellate di inchiostro (pardon, byte di memoria), proviamo a spostare l’attenzione da un’altra parte, per capire se la solfa è sempre la solita. Il Centro Interforze di Munizionamento Avanzato (CIMA), per esempio. La struttura raccorda numerosi siti, a partire dalla polveriera spezzina di Vallegrande, una realtà che ha mostrato più volte le sue criticità, e che in tempi non sospetti, qualche buon tempone pensò addirittura ad ipotizzarne un trasferimento nelle gallerie dell’Acquasanta.

Decisioni così importanti e delicate non possono passare sopra la testa dei cittadini, il territorio non può essere gestito in un’ottica di calcoli di logistica militare o di ipotesi speculative. I cittadini devono essere informati, se si sta decidendo del luogo in cui vivono, e coinvolti nelle decisioni. Si tratta di due aree delicate. Vallegrande è parte di quel Levante compromesso da discariche e dalla presenza della centrale, mentre Marola chiede da anni lo sgravamento delle servitù militari, e non un aumento della pressione.

Giulio Guerri
allora consigliere comunale, oggi assessore della giunta Peracchini
(14 febbraio 2015)

Bei tempi quando sor Giulio tuonava a favore di popolo. Ma perdonate la digressione sprugolina e torniamo a cose serie. Il CIMA valica i confini reginali. Pochi chilometri in linea dal golfo che fu dei poeti. Lunigiana, provincia di Massa-Carrara. Dalle località Tana di Monti e Pian della Quercia nel comune di Licciana Nardi al comune di Aulla. Nel luglio 1998, con decreto interministeriale tra Difesa, Tesoro e Funzione Pubblica, il CIMA raccolse, in chiave interforze, l’eredità di quello che dal 1983 era lo Stabilimento Militare Navale della Marina Militare (MARIMUNI) di Aulla, operativo dal 1966. L’atto del governo riguarda anche queste realtà, quindi, fiato alle trombe.

Lo schema di decreto ministeriale di approvazione, ha avuto parere favorevole da parte della commissione Difesa. Il piano è parte del programma pluriennale di Ammodernamento e Rinnovamento voluto dal ministero della Difesa, e riguarda, oltre al CIMA di Aulla, gli stabilimenti della Marina militare a Taranto, a La Spezia e ad Augusta. L’ammontare complessivo, lungo dieci anni, del programma per l’ammodernamento di questi siti, è di 233 milioni, di cui quasi 144 relativi ad una prima tranche.

on. Alessandro Amorese
(10 aprile 2024)

Forse un lapsus, o forse il fatto che il deputato lunigianese si occupi di cultura potrebbe essere indicativo della sua ignoranza. Ma non ne facciamo un dramma. Come spesso richiamato, nell’epoca post-democratica, l’annuncio, anche dell’approvazione da parte delle commissioni competenti, di un atto di governo, è atto politico. Anche se questo è solo carta cantante, senza nessun effetto legislativo. Quel che importa è annunciarlo, farlo proprio e rivendicare la genitorialità, anche se è del nulla. Tant’è che, pochi chilometri dal confine regionale, la sua collega d’aula e di partito spezzina, non è stata da meno.

Ma si sa, dai trasporti, come dalla cultura, alla difesa, il passo è breve. E poi diciamocelo. In fondo chi si accorgerà che non si tratta di un decreto ma di un atto del governo? Lasciamo la puntiglieria da parte. Quale futuro scenario è stato approvato? In commissione Difesa al Senato il testo è quasi imbarazzante, così come il dibattito che ne segue, ossia nullo. Tuttavia la questione occupazione civile nel comparto Difesa, com’è noto ai miei 25 lettori, tra ministri che arriva, assunzioni che trovi ed arsenali lastricato di buone intenzioni ormai supera la commedia all’italiana per approdare alla migliore delle tradizioni dei cinepanettoni natalizi. La trama molto semplice, le risate assicurate e garantite nonostante l’assenza di turpiloquio e flatulenze ma con tanta commedia dell’equivoco.

Quello di Aulla è un polo di eccellenza nel settore della Difesa che spicca in particolar modo per la specificità delle sue infrastrutture e per la pregevole capacità produttiva e di ricerca di cui è portatore, nonché per il suo essere da sempre un’importante fonte occupazionale per la Lunigiana.

sen. Stefania Pucciarelli
sottosegretaria alla difesa (governo Draghi)
(8 Aprile 2022)

Fatta la tara alla macchina della propaganda (fine a se stessa, o meglio alle posizioni di potere che ne sono espressione), di cosa stanno parlando? Il CIMA di Aulla contava, nel 2004, 459 dipendenti civili e 131 dipendenti militari. Nel 2016 risultano 276 dipendenti civili e 193 dipendenti militari (21 ufficiali, 107 sottufficiali, 65 graduati e militari di truppa). In 10 anni la riduzione di organico è passata da -21 dipendenti di 3a area, -162 di 2a area (maestranze specializzate civili), con un calo di 183 unità. 2022. Un noto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, noto a chi segue le vicende dell’agonizzante Arsenale della Marina militare spezzina, autorizzò a bandire un concorso pubblico nazionale per l’assunzione di 2.430 dipendenti civili della difesa, una parte di questi nuovi dipendenti potrebbero essere destinate proprio al centro CIMA.

Ed ecco altro tema di discussione nelle aule parlamentari e conseguenti annunci. Ancora una volta la senatrice Pucciarelli che, interrogando il governo, chiede per l’appunto conto dello stato delle assunzioni nel comparto civile della Difesa, in particolare riguardo alle carenze strutturali del centro aullese.

In merito ai bandi pubblicati il 15 luglio 2022, per le assunzioni di n. 69 unità di terza area e di n. 264 unità di seconda area, precisa che sono destinati al Centro Interforze Munizionamento avanzato di Aulla (CIMA) 4 funzionari tecnici e 24 assistenti tecnici. Al riguardo, le prove scritte per i citati bandi sono state espletate dal 2 all’11 maggio 2023, mentre le prove orali si terranno nei mesi di giugno e luglio, con possibile immissione in servizio nel mese di settembre. Con riferimento, invece, ai poli industriali, come sottolineato dall’interrogante, al fine di assicurare le funzioni e l’efficienza dell’area produttiva industriale, in particolare degli arsenali e degli stabilimenti militari, con la legge n. 178 del 2020 la Difesa è stata autorizzata ad assumere 431 unità, di cui 3 funzionari e 14 assistenti destinati al CIMA di Aulla.

In merito alle assunzioni autorizzate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 marzo 2022, il Sottosegretario evidenzia che sono in corso le attività volte alla ricognizione dei profili professionali e delle sedi di servizio da cui risulteranno, tra le altre, le effettive unità da destinare al CIMA di Aulla. Infine, con riferimento al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019, osserva che, nell’ambito dello stesso, non sono state assegnate unità di personale al CIMA.

Matteo Perego di Cremnago
sottosegretario alla difesa (governo Meloni)
(4 luglio 2023)

Le speranze riposte nel maxi concorso, indetto lo scorso anno dal Ministero della Difesa presto diventano vane. Al termine dell’iter procedurale durato 12 mesi, i dati sono tutt’altro che confortanti ed a fine 2023 i dipendenti risultano circa 100. Meno del 50% ha accettato l’impiego presso il dicastero a livello nazionale e, nello specifico, meno del 30 nel centro aullese. In altre parole dei 28 posti assegnabili ad Aulla, solo 9 saranno coperti mentre 19 resteranno vuoti. Nonostante la realtà impietosa, la senatrice spezzina, interrogante, esprime la sua soddisfazione riguardo alle “rassicurazioni” del governo.

Per i miei 25 lettori, nulla di nuovo si scorge sul fronte, la storia prosegue su binari già noti. Come accade in rapporti maggiori nell’arsenale spezzino, ecco che all’interno dell’area militare aullese troviamo una consistente presenza privata. Come nella migliore delle tradizioni recenti, MBDA, svolgerebbe l’attività che un tempo fu del pubblico. Integrazione pirica, collaudo finale e stoccaggio delle munizioni. Certamente ci mette del suo. E’ il caso della produzione della sezione anteriore dei missili Aster, ospitata presso gli edifici 41 e 47 del CIMA della Marina militare. Piccola digressione. Aster è una famiglia di missili antiaerei superficie/aria costruiti da Eurosam, ossia un consorzio europeo formato da MBDA Italia, MBDA Francia e… Thales.

MBDA, per chi si fosse perso qualche passaggio, è una consorteria tra l’ex Airbus Group ora EADS (37,5%), l’inglese BAE Systems (37,5%) e l’italiana Leonardo (25%). Tra i gioielli di famiglia tricolore, made in La Spezia c’è Marte ER, Teseo Mk2/E, per citare i più famosi. Il sito di Aulla di MBDA Italia non rappresentano soltanto il cluster d’eccellenza nel settore dei sistemi antinave, ma anche nel settore dei sistemi missilistici superficie-aria con i sistemi navali Albatros e munizione Aspide e SAAM-IT/SAAM ESD.

Per chiudere il quadro, MBDA produce anche il “famoso” SCALP, acronimo di Système de croisière conventionnel autonome à longue portée, meglio noto come Storm shadow. Un missile da crociera che, stante le dichiarazioni di Grant Shapps, segretario alla Difesa britannico, Regno Unito, Francia ed Italia esportano queste armi per l’uso, in particolare in Crimea. A fine marzo il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, ha dichiarato che il valore delle esportazioni autorizzate per il 2023 verso Kiev aveva raggiunto 417 milioni di euro.

Il bilancio 2023 del consorzio “europeo” ha registrato ricavi per qualcosa come 4,5 miliardi di euro, un nuovo record nell’acquisizione di ordini (9,9 miliardi di euro) ed un portafoglio ordini che ha raggiunto i 28 miliardi di euro. Per metà gli acquirenti sono “casalinghi” (Regno Unito, Francia, Italia e Germania), metà sono esportazioni. Nella sede spezzina il 60% dei dipendenti sono laureati, 30% tecnici, 10% operai.

La tendenza si consolida: privatizzare i ricavi (in forniture di guerre per procura) e socializzare le perdite. Da un lato MBDA incassa 4,5 miliardi di euro, con una consistente quota di clienti pubblici, quindi soldi dei contribuenti. Dall’altro si trova nella favorevole condizione di utilizzare strutture pubbliche, magari ristrutturate adeguatamente, sempre con soldi pubblici.

Chiuso il cerchio del teorema privatizzare i profitti e socializzare i costi, come consuetudine, si apre un’altra voragine, legata alla salubrità. Anche in questo caso, si abbandona il teorema per approdare a quello che è un altro triste assioma. Aree militari, inquinamento e nocività assicurate. Beninteso che riguardo al CIMA, allo stato delle cose, non appare un documento ufficiale, neanche a cercarlo con il lanternino. Dunque? Prendiamo un esempio.

Marzo 2021. L’allora comandante di MARIGENIMIL La Spezia (CV INFR. Luca Nocchetti) firma una determinazione a contrarre (Nr. 174) per l’affidamento della progettazione esecutiva relativa ai lavori di sostituzione di coperture in eternit, in vari fabbricati in uso al CIMA di Aulla nel sito di CA’ MONCELO EST (Località: ID 6916). Non si ha contezza della quantità di materiale nocivo da rimuovere, ma si conosce l’importo della spesa per eliminarlo che da una misura del problema: 458.024,67 euro.

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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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