Analisi Local
William Domenichini  

La permuta capestro del patrimonio UNESCO

Fischia il vento, infuria la bufera, mare forza 8 e custodie cautelari come se piovessero, così, torna alla mente la permuta capestro del patrimonio UNESCO. Ma andiamo con ordine. Le intercettazioni del sequel tangentopolesco al pesto fanno emergere un quadro desolante. Anche per chi non si dovrebbe stupire. Chissà se la bravura degli avvocati coinvolti nelle difese sapranno districare le ragnatele dove si sono andati ad infilare Toti e compagnia cantante. Già perché tutto ci si può attendere, anche che qualcuno dimostri che l’aver ricevuto finanziamenti elettorali e aver avallato gli interessi dei finanziatori non vi sia nulla di male, tanto per citare uno degli aspetti dell’abisso ligure.

D’altronde, sulle rive del golfo che fu dei poeti abbiamo discariche e nessun colpevole di averci stivato ogni sorta di rifiuto tossico-nocivo. Pitelli, assolti. Campo in ferro, archiviato. Io, che so legger, scrivere (anche troppo) e far di conto, da ateo trovo difficoltà a trovare spiegazioni trascendentali su fenomeni simili. Eppure accadono. Così come, citato ne Il golfo ai poeti, l’ammiraglio Giorgio Lazio, allora comandante del dipartimento Marina Nord, sosteneva, nero su bianco, che l’accensione dei motori delle unità navali può “manifestare nel corso dei primi avviamenti una fumosità bianca causata dalla evaporazione di acqua di condensa, che inevitabilmente si deposita nelle condotte di scarico dei motori. Il vapore acqueo che si forma, in breve si dissolve e la fumosità del motore sparisce“.

In attesa degli sviluppi giudiziari, e speranzosi di avere una qualche verità su cui fare riferimento, proviamo a riavvolgere il nastro e riflettere. L’inchiesta che ha sconvolto il potere ligure ha svariati filoni. Qualcosa fa presumere che non sia finita qui, ma limitiamoci ai fatti. Uno dei temi in questione è un’isola, a poche bracciate dalla terra ferma. Ora chi ha letto Il golfo ai poeti (no basi blu) sa che aree militari, almeno alla Spezia, non significa solo basi. Custode della rada di Porto Venere, c’è la Palmaria, isola che emerge dai flutti come una guardia del poetico golfo. Per l’appunto, Palmaria non fa eccezione dalla terraferma. La Spezia, terra militarizzata, Palmaria isola militare.

Forti, torri, batterie, edifici, formalmente nell’ambito amministrativo del comune di portovenerese. Ma anche stabilimenti balneari, campeggi. L’elioterapia è ancora oggi una componente fondamentale della strategia militare, dalla Marina all’Aeronautica. Un tempo, quando esisteva nell’Arsenale spezzino la classe operaia, uno di questi era il fiore all’occhiello di lavoratori e lavoratrici, frutto di un dopolavoro che aveva conquistato molto. Oggi, che di “arsenalotti” non vi è più traccia, rappresenta le vestigia di una conquista che nessuno rivendica più. Al massimo qualche nipote.

L’oggetto della questione, tuttavia, è solo una goccia in un mare in tempesta. L’isola Palmaria è, da qualche primavera, oggetto di turbolenti confronti ed una parola fa piegare le fronde dei lecci: masterplan. Non un strumento urbanistico, con i suoi iter ed il suo percorso previsto dalla normativa, ma uno studio di analisi e di indirizzo che poi dovrebbe esser tradotto in pianificazione e progetto. Il “piano generale” fu realizzato per dare attuazione al Protocollo d’Intesa, per la “valorizzazione” dei beni demaniali dismessi dalla Marina Militare sulla Palmaria. In tempi non sospetti c’è chi lo fotografò con una lucidità cristallina:

Il masterplan per la Palmaria è una operazione concettualmente vecchia, che grida vendetta. Si basa su condizioni capestro nei rapporti con la Marina Militare e sullo stravolgimento dell’isola. Ci batteremo fino alla fine contro il modello Capri, caro solo al governatore ligure Toti e al sindaco di Porto Venere Cozzani. La nostra è un’idea sostenibile di turismo, rispettoso dei luoghi, senza privatizzazioni.

Stefano Sarti
vicepresidente Legambiente Liguria
(26 Luglio 2020)

Ministero della Difesa, Regione, Comune ed Agenzia del Demanio definirono le modalità di attuazione dell’accordo tra Marina e Comune di Porto Venere volto a “trasformare l’isola in un’attrattiva turistica di altissimo livello, sia nazionale che internazionale”. Tra le varie prevede che, a fronte dei beni demaniali che passano al Comune, lo stesso si impegni a riqualificare gli immobili che la Marina manterrà sul territorio, compresi gli stabilimenti balneari.

L’iter assume i tratti feudali. L’insindacabile giudizio della cabina di regia (Regione Liguria, Ministero della Difesa-Marina Militare, Comune di Porto Venere nonché Segretariato regionale del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo della Liguria) e l’assoluta assenza di una figura di garanzia fanno da sfondo ad un mirabile percorso partecipato, il cui concetto si può riassumere così: voi dite quel che volete, vi ascoltiamo, poi decideremo noi. Ma c’è un elemento che salta all’occhio, oggi più che mai. L’accordo con la Marina Militare è oneroso. Costa e genera, come conseguenza, la necessità di monetizzare al massimo ed alienare praticamente tutti i beni. Tradotto: vendita a privati e/o concessioni pluriennali.

La Marina militare è disponibile a fare delle permute e noi ci siamo presi l’onere di eseguire questi lavori con i soldi pubblici.

Matteo Cozzani
allora sindaco di Porto Venere
(12 giugno 2019)

Dato l’assist, e la porta sguarnita, il punto si segna con grande facilità. Chi è l’interlocutore dell’allora sindaco? L’ammiraglio che ebbe l’ardire di rivedere la legge di Lavoisier. Così, al netto dell’immancabile retorica, il comandante Lazio esulta:

La Marina ha nel suo DNA il supporto del territorio. Il progetto della Palmaria ne è un esempio. Parliamo di un piano importante di rilancio per una risorsa naturalistica ma anche economica e sociale che appartiene al territorio.

Amm. di div. Giorgio Lazio
allora comandante dipartimento Marina Nord
(20 luglio 2020)

Strano a dirsi, ma una delle freccie nella faretra di chi vorrebbe la nuova Capri, è l’abbandono. Delle due l’una. Se la Palmaria è abbandonata la Marina militare avrà delle responsabilità riguardo al decadimento delle sue strutture? Se invece non sta cadendo a pezzi, allora come mai si deve valorizzare? Ma non cavilliamo. Come anticipato, il supporto non è gratuito. La Marina militare batte cassa. Volete la Palmaria? Pagherete caro, pagherete tutto. Ma qui non si tratta di espropri proletari. Anzi. Curiosamente, una forza armata si avvale di giochi di bilancio, pur di monetizzando tutto il possibile, anche beni di un ente dello Stato che passano ad un altro ente dello Stato. Per chi non è pratico di economia contabile, occorre un corso accelerato di finanza creativa. Ma per i miei 25 lettori, anzi per quelli più attenti, c’è qualcosa che aleggia, che riemerge nella memoria.

Con la legge finanziaria 2006 (Art. 1, comma 568), il Ministero della Difesa viene autorizzato dal Parlamento, anche in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato, a stipulare convenzioni e contratti per la permuta di materiali o prestazioni con soggetti pubblici e privati. Con apposito decreto, il dicastero di via XX Settembre disciplina le condizioni e le modalità per la stipula di convenzioni e contratti tra la Difesa e tali soggetti riguardo tali procedure. Ne decantava gli effetti benefici un sottosegretario alla difesa, noto sulle sponde sprugoline.

Tale provvedimento, avrà importanti ricadute sulle modalità di funzionamento degli Arsenali, con importanti riflessi economici anche sulla nostra città in quanto, in particolare, gli Arsenali, potranno stipulare contratti di permuta con i privati. Grazie al decreto, che individua strade alternative per l’utilizzazione e l’impiego del patrimonio dell’Amministrazione della Difesa, potrà essere realizzato lo scambio di materiali e prestazioni. […] A dispetto delle immancabili cassandre che, bene adagiate sull’esistente, sono capaci solo di dipingere cupi scenari, le eccellenze militari presenti sul nostro territorio possono recuperare efficienza e posti di lavoro, per tornare ad occupare così un posto di primo piano nell’economia non solo locale, ma dell’intero Paese.

Lorenzo Forcieri
sottosegretario alla difesa
(1° agosto 2017)

Facciamola breve. L’ex foresteria della Torre Umberto (2 milioni e 957mila euro), Villa Smith e Villa Castrigliano (2 milioni e 587 mila euro, un milione e 307 mila euro), l’ex casa del comandante del carcere (703 mila euro), una serie di fabbricati in via Schenello (407 mila euro, 233 mila, 948 mila euro), due fabbricati in via Cavour (un milione e 105mila euro e 392mila euro) e terreni di varia taglia, attigui agli immobili o posti in vendita vendita a parte. L’isola Palmaria è a bilancio: oltre 12 milioni di euro.

E se fosse stato un errore di fondo accettare l’esigibilità di strutture fatiscenti di proprietà dello Stato? Beni demaniali, in uso alla Marina militare, in via di dismissione o in abbandono. Errore di valutazione? Dolo? Non è certamente il primo caso, in cui all’interno di un perimetro con un cartello, area militare, ci si imbatta in percorsi fumosi. Il dubbio aumenta quando la fumosità riguarda la gestione di soldi pubblici: moli, bonifiche, basi dipinte di blu, musei. E non stiamo parlando di pochi spiccioli per la merenda. Comunque la si giri, la vicenda comporterà un onere passivo a carico degli interventi previsti sull’isola. Passivi per milioni di euro. Un’esposizione economica che dovrebbe suscitare non poche perplessità, se non altro perché, come sempre, sono a carico dei bilanci pubblici, quindi pagheranno i cittadini.

Ancora una volta caligo sale verso le coste spezzine. Come detto in premessa, lasciando la tempesta giudiziaria da parte, resta una visione aristrocratica, nel senso etimologico. Un bene comune mutato in un bene di pochi, per pochi, ma a carico di tutti. Lo scintillio delle luci della ribalta fu ben rappresentata da Andrea Bocelli, nel suo “Stars, under the sky of the cradle of beauty” (Celebrity Fight Night in Italy 2018). Tra gli special thanks spiccarono Giovanni Toti, Matteo Cozzani e l’amm. Giorgio Lazio.

Che la questione di come gestire un bene comune sia elitaria lo dimostrano altri elementi. Come gli amici del Tino, appaiono con le vesti di benefici attori di apertura di un patrimonio precluso alla comunità, in cui si scopre che tra le loro fila c’è Loris Figoli, sindaco di Riccò del Golfo e già a ruolo nello staff della giunta totiana. Ça va sans dire, con la benedizione dell’amm. Giorgio Lazio, che nel 2024 diviene consigliere e vicepresidente degli amici dell’isola militare.

Fischia il vento, infuria la bufera, mare forza 8. Giovanni Toti ed i suoi sodali sembrano stiano perdendo, di giorno in giorno, appigli a quel potere che hanno esercitato. Ma la solidarietà, quella vera, arriva, forse non a caso, dal dicastero della difesa.

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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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