Non chiedere perché ma quanto
In un lavoro che si rispetti non si deve chiedere mai il perché, il quando, il dove qualche volta, ma sempre il quanto. Non dobbiamo essere freddi alsaziani di fantasia, assoldati per addentrarci nei labirinti degli interessi di lobbies, per porci il quanto.
Venerdì 24 novembre 2023, stabilimento Fincantieri di Riva Trigoso (Sestri Levante, Genova). Viene ufficialmente varata la nona fregata missilistica multiruolo del programma FREMM (Fregate Europee Multi-Missione). Uno stuolo di autorità presenziano alla cerimonia del battesimo della nuova unità, la “Spartaco Schergat” (F598). Nuova? Materialmente si, il ferro ha toccato il mare, nuovo fiammante. Ma se la memoria non ci inganna, Spartaco Schegat sa di stantio. Prosegue la tradizione, forse di cattivo gusto, di celebrare “eroi” di una guerra, figlia di un regime assassino come quello fascista. Come se la Marina militare non avesse “eroi” che avrebbe maggiore dignità di celebrazione. Come il motorista Gerolamo Spezia, o l’ammiraglio Renato Mazzolani. Ma forse, i caduti che scelsero Giustizia e Libertà, probabilmente, suonano in modo meno altisonante di chi agli ordini del regime compì “eroiche” gesta.
Torniamo al presente. Al varo della “nuova” FREEM hanno partecipato, in pompa magna cariche pubbliche e management. C’era il presidente della Società Fincantieri, già capo di stato maggiore della difesa Gen. Claudio Graziano ed il direttore della NAVARM, l’ammiraglio ispettore capo Giuseppe Abbamonte. Non mancava le istituzioni pubbliche. Come il Presidente del Consiglio Regionale della Regione Liguria, Gianmarco Medusei o l’on. vice ministro Edoardo Rixi. Non mancava financo il direttore dell’Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti (OCCAR), Joachim Sucker, già capo della sottodivisione Equipaggiamento presso il ministero della Difesa tedesco.
Quale undicesima unità FREMM costruita dall’eccellenza industriale nazionale e nona Unità della Classe destinata ad entrare in servizio per la Marina Militare, abbiamo potuto constatare sul campo quanto sia stata complessa la progettazione e realizzazione di queste Unità che oggi costituiscono la spina dorsale della flotta. L’ampio spettro di operazioni che le Unità già in linea hanno svolto con grande efficacia, l’unanime apprezzamento e interesse che tutte le Marine del mondo, a partire da quelle più evolute, continuano a testimoniarci, sono il risultato di un grande lavoro di squadra che coinvolge tutta la filiera dell’Industria della Difesa nazionale. Siamo convinti di aver fatto una scelta vincente con le Fregate Multiruolo, navi che hanno personalità e sono un vero e proprio fattore abilitante per il rinnovamento della flotta e per la nostra credibilità internazionale
Giuseppe Berutti Bergotto
Sottocapo di Stato Maggiore della Marina Militare
(27 novembre 2023)
Varo compiuto, una veloce nota stampa su chi era l’eroico affondatore dell’HMS Valiant e dell’HMS Queen Elizabeth, si chiude il sipario e si torna al lavoro.. Tacite Sed Fortiter. Il motto della “nuova” FREEM pare sia uno scherzo del destino. Silenziosamente, ma con forza, riporta alla “memoria di tutte quelle imprese valorosamente compiute con cosciente eroismo e spirito di sacrificio che onorano le tradizioni della Marina Militare“. Forse, più prosaicamente e più malignamente, potrebbe portare al silenzio con cui la Marina militare (e per estensione lo Stato italiano) commissiona milionarie unità che poi finiscono per essere vendute “sottocosto” ad altri paesi.
Malignità o dura realtà? Secondo una storia già nota, sulla quale non si ha avuto nessuna smentita e men che meno nessuna interrogazione o inchiesta le cose sono andate così. I calcoli svolti dall’Osservatorio Mil€x, sulle spese militari italiane, fecero emergere che, all’anno 2020, la spesa prevista per la costruzione di tutte le dieci nuove fregate ammontava a 5.992.330.000 di euro: 5 miliardi 992 milioni e 330mila euro. Divisione fatta, risulterebbe 5,99233 miliardi di euro per ogni unità navale. Per una coppia il valore, quindi, corrisponderebbe a poco più di 1,198 miliardi di euro.
10 aprile 2021. La trasmissione Presa diretta, nell’inchiesta la “Dittatura delle armi“, mostra le FREEM, nuove fiammanti e appena cedute al regime egiziano di al-Sisi, per la conveniente cifra di 990 milioni di euro, per entrambe le navi. 208 milioni di euro in meno rispetto al prezzo concordato tra Fincantieri e lo Stato italiano. Serve scomodare l’affare Regeni, o le analisi di Amnesty international? Anche il parlamento europeo ha richiamato, timidamente, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, con una risoluzione. Tuttavia la risoluzione europea esprime mille giravolte, date dal partenariato economico tra l’UE e l’Egitto. Un partenariato che. evidentemente, vale uno sconto del 17%. A discapito, per esempio, di una spesa sul fronte sanitario.
Venduta a prezzo di cortesia, la FREEM l’abbiamo ricostruita. E’ presumibile che il costo della ricostruzione fosse il medesimo preventivato. Forse il ministro Rixi, presente al varo, ne saprà di più. Tuttavia il caso non è che un anello della catena degli sprechi, o se volete delle regalie, che lo Stato italiano profonde. Come nel caso delle missioni militari, da Gabinia a Mare sicuro, fino ad arrivare alla strutturazione dell’ormai celeberrimo Polo Nazionale della subacquea, il cui scopo è stato esplicitato in lungo ed in largo. Privatizzare i ricavi, socializzare i costi.
Un sistema strutturato non solo nell’esercizio ma anche nella struttura. In questo contesto vanno collocati gli oltre 900 milioni di euro di spesa previsti per il programma Basi blu, di cui ben 354 milioni destinati all’adeguamento degli standard NATO della base spezzina. Un sistema che non si pone dubbi se un pezzo del sistema, spende altri soldi per fare una parte dell’operazione in corso, come dimostrerebbe “quer pasticciaccio der molo Varicella“. In questo caso, a mare andranno 848.502,77 €.
Un sistema quindi che, se non ci peritassimo a chiedere mai il perché, il dove o il quando, si fonda sull’omissione del quanto, banalmente perché se mettessimo in fila tutti i soldi dei contribuenti buttati a mare per spese militari e ci guardassimo intorno rilevando quanto serierebbe per sanitò, scuola, servizi pubblici ed essenziali, verrebbero meno dubbi e più certezze. Soprattutto mentre questo nostro mondo continua ad andare in fiamme.