Base blu con un cimitero di relitti intorno
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William Domenichini  

Base blu con un cimitero di relitti intorno

Tra milioni di promesse, miliardi di annunci, parrebbe che con 384 milioni di euro, la Marina militare realizzerà una Base blu con un cimitero di relitti intorno. Come dimenticare le fantascientifiche sortite del contrammiraglio Scorsone, direttore della struttura arsenalizia? Il suo futuro blu appare, allo stato delle cose, una narrazione che farebbe impallidire il più prolifico Asimov. Così, per sostenere tesi bislacche e poco ancorate alla realtà dei fatti, tocca sentire dichiarazioni che hanno tratti di pura fantascienza, nel senso etimologico. Tuttavia la realtà supera ogni immaginazione. Una valanga di soldi pubblici (mentre scuole ed ospedali cadono a pezzi), arriveranno alla Spezia per adeguare la base agli standard NATO. Il futuro delle officine arsenalizie pare segnato verso l’affido a privati e le sue banchine come cimiteri di relitti. Non c’è male come futuro blu. Al netto di eventuali daltonismi, o se preferite ipocrisie.

Intanto l’Arsenale continua a perdere manodopera, in una lenta ed agonizzante morte. Le sue strutture cadono a pezzi, quando non sono invase dalla vegetazione. Enormi spazi inutilizzati diventano magazzini a cielo aperto di bobina di cime, bettoline ed automezzi, le banchine divenute ormeggi di relitti. Un declino inesorabile. Scarsa, o meglio nessuna manutenzione, attività inquinanti, rarissime e malconce bonifiche, irrilevanti operazioni di razionalizzazione degli immensi spazi inutilizzati. Lentamente l’Arsenale perde la sua vocazione produttiva, trasformandosi silenziosamente in una semplice infrastruttura portuale militare.

Proviamo a fare un breve riassunto della situazione. Iniziamo dalla baia di San Vito (Duca degli Abruzzi per i militari), la darsena più esterna della base spezzina. Per chi non avesse ancora inteso, si tratta del luogo dei misfatti, ossia dove si svilupperà il costoso ampliamento di moli e banchine note come progetto “basi blu”.

Nella zona Varicella (ponente). Vi sono due moli, uno dei quali destinato all’ormeggio delle unità NATO ed una banchina (denominata Carboni) utilizzata come cimitero di unità in disarmo. Alle bitte restano ormeggiati, “a pacchetto”, un’unità ausiliaria da trasporto in disarmo dal 2001 (Bradano A 5357, 1.930 tonnellate), una fregata missilistica (Bersagliere F 584, 2.525 tonnellate) in disarmo dal 2018 (rimossa il 4 ottobre 2022 e riposizionata un mese dopo) ed un pattugliatore di squadra (Artigliere F 582, 2.525 tonnellate) in disarmo dal 2013. Il viaggio di quest’ultima è breve: poche centinaia metri per raggiungere un altro rottame galleggiante (Maestrale F 570, 3.040 tonnellate), in disarmo dal 2015. Il pattugliatore resta ormeggiato nella nuova pensione, la fregata riprende il suo posto nella banchina Carboni. Si cambia posto ad unità navali in disarmo, sperando che non affondino, occupando la banchina di turno, sostenendo che questi spazi siano strategici per la difesa nazionale.

Nella zona Scali (nord) è disponibile una banchina per ormeggio di poppa ed il piccolo molo Balilla, il tutto utilizzato dalla maggior parte del naviglio operante. Poi c’è la zona Lagora, con una lunga banchina che segue la foce dell’omonimo canale. Un altro cimitero di relitti: una fregata antisommergibili (Scirocco F 573, 3.188 tonnellate), in disarmo dal 2020.

Tutto questo non è sempre restato nel silenzio. C’è qualcuno che se n’è accorto (la gente), qualche deputato o senatore che ha fatto (in parte) quel che doveva fare, ossia interrogare il ministri “competenti”. Tuttavia, presentate le interrogazioni, e soprattutto date le risposte, tutto finisce nel dimenticatoio, anzi, tutti i relitti restano alle bitte.

Camera dei deputati. 9 novembre 2010. Cosa impedisca al Ministero della difesa di “rinunciare alla disponibilità del cosiddetto Molo Carboni, inutilizzato dal 1945, alle vasche per la stagionatura del legname ed ai relativi accessi, in pratica inattivi dagli anni venti del secolo scorso, nonché alla disponibilità esclusiva del transito nella baia Duca degli Abruzzi“? Fu la domanda posta dal deputato leghista Franco Ghidoni, che dal profondo nord interpellò l’allora ministro Cossiga sul destino delle aree militare maroline.

La banchina Carbone, situata all’interno della Base Navale di La Spezia in zona Marola – tra il Porticciolo di S. Vito e il Molo Varicella 2 (abituale ormeggio delle unità maggiori dislocate a La Spezia) – è pienamente utilizzata dalla Marina Militare: infatti, è attualmente adibita per l’ormeggio delle Unità in disarmo, in attesa della loro definitiva alienazione.

Giuseppe Cossiga, Sottosegretario della difesa (governo Berlusconi IV)
(24 novembre 2010)

4 luglio 2013, Senato della Repubblica. La senatrice aullese Cristina De Pietro (M5), chiede di sapere se il Governo non voglia razionalizzare le funzioni dell’arsenale di La Spezia riducendone l’inutile enorme estensione territoriale e, attraverso la restituzione delle aree inutilizzate prospicienti Marola (che vanno dalle vasche di San Vito al campo in ferro passando per banchina carboni e i due moli Varicella), determinare un’importante riconversione ad usi civili delle aree di pregio paesaggistico e turistico, valorizzando le comunità locali.

Sottolineo che la banchina Carbone, situata all’interno della base navale (tra il porticciolo di San Vito e il molo Varicella 2) è pienamente utilizzata dalla Marina militare: infatti, è attualmente adibita per l’ormeggio delle unità in disarmo, in attesa della definitiva alienazione.

Mario Mauro, Ministro della difesa (governo Letta)
(8 agosto 2013)

Le due vasche di San Vito, collegate alla baia principale da un canaletto, concepite per la conservazione del legname, oggi sono un cimitero di piccoli navigli, e gli edifici che le circondano, un tempo officine specializzate, ridotti a fatiscenti scheletri, pressoché abbandonati.

Per quanto riguarda, invece, le vasche di stagionatura del legname, denominate «vasche di San Vito», esse sono limitrofe ad edifici della base navale attualmente in uso e/o in fase di ristrutturazione nell’ambito del processo di razionalizzazione infrastrutturale che prevede la concentrazione all’interno dell’area di funzioni attualmente espletate in sede periferica (cosiddetti magazzini di Scorcetoli che verranno resi disponibili per la valorizzazione a favore delle autorità locali), nonché per le esigenze del Gruppo operatori subacquei del comando subacquei e incursori (COMSUBIN).

Tali vasche non solo sono da lungo tempo utilizzate per l’ormeggio del naviglio minore del comando servizi base di La Spezia, ma, sulla base dell’accordo tra la Marina militare e la locale Autorità portuale per la valorizzazione della banchina Revel, anche il naviglio militare presente presso questa banchina è già stato riallocato nello specchio acqueo delle vasche di San Vito.

Il processo di razionalizzazione prevede, inoltre, che nel sedime compreso tra le vasche di San Vito e il molo Carbone, ove sorgeva l’edificio n. 174, già demolito, sia realizzata una nuova struttura da destinare a magazzino per materiali delle unità navali.

Mario Mauro, Ministro della difesa (governo Letta)
(8 agosto 2013)

Prima di andare avanti nella narrazione degli orrori cimiteriali è interessante soffermarsi sulla risposta del ministro del governo Letta.

Attualmente, le vasche di San Vito, sono occupate da una miriade di piccoli navigli (bettoline, ecc), che occupano circa 5.000 metri quadrati di specchio acque. Stanno li a marcire, occupando quasi un quarto dei circa 23.000 metri quadrati di acque che costituiscono le vasche, circondate da capannoni per lo più in disuso o semi utilizzati. Paradosso dei paradossi, già nel 2013 si paventava l’utilizzo delle vasche, poco più profonde di un paio di metri, per attività subacquee. Qualcuno potrebbe sorridere, tuttavia quella sottospecie di presa in giro non si limitò ad una risposta ad un’interrogazione parlamentare. Le vasche di San Vito furono per lungo tempo annoverate come luogo ideale per lo sviluppo del Polo della subacquea, salvo poi individuarlo in altro loco.

Nella seconda Darsena, altre unità in disarmo. Si tratta di sommergibili, utili da trampolino per i caprioli che, dopo esser entrati agevolmente nella strategica base, si rinfrescano in mare.  Si tratta di tre unità classe Sauro se ne stavano serenamente abbandonate alla calata Calderai. Verosimilmente, vista che il distintivo ottico è pressoché irriconoscibile, pare si tratti del Carlo Fecia di Cossato (S 519, 1.456 tonnellate), sommergibile intitolato ad un eroe della guerra fascista e pluridecorato anche dalla Germania nazista, il cui ultimo ammainabandiera risale al 31 marzo 2005, Leonardo da Vinci (S 520, 1.461 tonnellate) in disarmo il 30 giugno 2010 ed il Guglielmo Marconi (S 521, 1.630 tonnellate) abbandonato dal 1º ottobre 2003.

Calata Calderai non sarà il loro ormeggio per molto. Laddove è organizzata la fiera bellica di SeaFuture, che figura farebbero gli organizzatori del salotto militare tinto di blue economy se le marine militari, le aziende, le autorità invitate trovassero all’ingresso dei relitti in disarmo? O peggio e se pagassero il biglietto per assistere ai numero del capriolo tuffatore? Allora si spostano nella prima darsena e si mette in mostra un bel vascello. La Vespucci è in giro per il mondo a far mostra della sua bellezza? Ci mettiamo la Palinuro.

Abitualmente i relitti vengono spostati, da una banchina all’altra, apparentemente senza una logica precisa, ma in realtà, in seguito a deduzioni logiche, ad un disegno molto semplice. Fare spazio, di volta in volta, ad esigenze strategiche della Marina militare, o di connesse realtà. Così se una fregata se ne sta tranquilla per anni sulla banchina della seconda darsena, capita che, se c’è un evento che necessita di spazio di ormeggio di nave Italia. Si sposta, si attende la conclusione della passerella di autorità e poi si vedrà. Nel caso dei sommergibili, probabilmente date le poche risorse e le carenti disponibilità tecniche, restano laddove sono stati spostati.

Ora direte voi, mica tutte le banchine sono occupate da relitti? Per esempio, i moli della stazione sommergibilista saranno operativi? Parrebbe di no, in seguito a problemi strutturali dei due  approdi. Allora perché non approfittarne? Presto detto, all’alba dei primi di novembre 2023, ecco ormeggiato l’ennesimo relitto, almeno parrebbe dalle sue condizioni. Si tratta di un pontone gru (GA 1015). O forse il suo passato ormeggio servirà a far posto ad altri relitti? Sta di fatto che il pontone, non più tardi di qualche anno fa fu oggetto di una notevole spesa. L’amministrazione Marinarsen Taranto avrebbe sborsato, nel 2021, ben 93.555,74 € (esente IVA) per Servizi integrativi per la risoluzione delle non conformità accertate sulla gru modello gn 7/15 dh delle M.E.P. installata a bordo del pontone GA/SA 1015 (CIG 85924580A8). Se la Marina spende a Taranto, poi la parcheggia nel cimitero spezzino? Misteri modello quer pasticciaccio del molo Varicella.

In oltre 6 chilometri di banchine e circa 1,4 milioni di metri quadrati si specchi acquei (tutti strategici), l’ex fabbrica dell’Arsenale spezzino ospita circa 20.000 tonnellate di relitti ormeggiati. E’ possibile scomodare la classica litania, o alibi, dell’assenza di risorse? Non in questo caso. Nel bilancio dello Stato (2021) è stato istituito un fondo destinato a rimozione, e demolizione, di unità radiate dalla Marina militare, presenti nelle aree portuali militari, compresa La Spezia.

Legge 30 dicembre 2020, n. 178, art. 1

Comma 730 – Destinazione del fondo alla rimozione, demolizione e vendita, eventualmente anche solo parziale, di navi, galleggianti compresi i sommergibili radiati dalla marina militare presenti nelle aree portuali militari di Augusta, Taranto e La Spezia.
Una quota del fondo di cui al comma 728, pari a 1,5 milioni di euro per l’anno 2021 e a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, è destinata alla rimozione, alla demolizione e alla vendita, anche solo parziale, di navi e galleggianti, compresi i sommergibili, radiati dalla Marina militare presenti nelle aree portuali militari di Augusta, Taranto e La Spezia, per i quali la Marina militare resta autorità competente.

Comma 728 – Istituzione di un fondo finalizzato alla rimozione delle navi abbandonate nei porti.
Nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituito un fondo con una dotazione di 2 milioni di euro per l’anno 2021 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.

Se n’è accorto il sen. abruzzese Michele Fina (Pd), il quale ha presentato un’interrogazione parlamentare, il 24 novembre 2022, (Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-00061), ad oggi, ne il ministro delle infrastrutture (Matteo Salvini) e dei trasporti, ne il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica (Gilberto Pichetto Fratin), o loro delegati, hanno ritenuto di dover fornire alcuna risposta. Peccato, vista la natura dell’interrogazione, che non sia stato coinvolto il ministero della difesa.

Sul perché di queste scelte non è dato sapere. Perché lasciare macerare unità in disarmo da anni, occupando spazi che potrebbero essere riorganizzati, bonificati e riconvertiti? Perchè abbandonare dei relitti, con un evidente impatto ambientale in un contesto già ampiamente compromesso in termini di inquinamento? Una domanda che suppone una visione, che non c’è. O forse c’è, ma non coincide con le esigenze sociali di una comunità, ma con gli interessi di far cassa di una forza armata? A pensar male, diceva quel tale, si scopre che

L’AID, Agenzia Industrie Difesa diretta dal tal Nicola La Torre, pubblica un’avviso d’asta per la vendita di 7 “galleggianti ex unità navali della Marina Militare“, facendo supporre che la forza armata ospita i relitti da anni, ma non ne è più proprietaria. Un’asta che è durata meno di una settimana, da 21 luglio 2023 al 26 dello stesso mese, per piazzare “as is, where isi relitti e che ha fruttato 1.679.144 €. A chi? Non è dato saperlo. La trama s’infittisce. Se le unità sono state bandite all’asta, perché Marinarsen La Spezia pubblica un richiesta di offerta per “Attività di demilitarizzazione ex U.N. Scirocco“? Qualcuno potrebbe chiederlo al direttore dell’Arsenale, quel contrammiraglio Scorsone che vede il futuro blu e che il 17 ottobre 2023 ha firmato la richiesta di offerta per la demolizione della nave Scirocco.

Molti certamente, pur di non vedere, saranno disposti ad ammettere che questa analisi e queste riflessioni siano frutto di un viscerale antimilitarismo. Un’ideologica avversione alla natura intrinsecamente militare della città spezzina? Purtroppo per i nostri detrattori, se è vero quel che scrisse quel tale, che probabilmente solo in un mondo di ciechi le cose saranno ciò che veramente sono, qualche immagine, sarà più esauriente di molte parole.

Una voce, dal Peola, mormora: “Grazie all’interessamento dell’on. Gotelli e dell’on. Guerrieri ora sappiamo che con 354 milioni di euro realizzeranno una base blu con un cimitero di relitti navali intorno“.

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Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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