Torniamo ad essere golfo dei poeti e del lavoro
Torniamo ad essere golfo dei poeti e del lavoro? Giorgio Pagano, già sindaco della Spezia, si sofferma nella sua consueta rubrica su CittadellaSpezia. Da Luci della città, ancora il tema della riconversione delle aree militari. Un interessante e lucido intervento, che prende molti spunti dal mio lavoro, Il golfo ai poeti. Ma soprattutto dalla spinta di realtà come i MuratiVivi di Marola e politica di Leali. Un’autorevole voce che chiede la forza culturale e politica di mettere in gioco l’Arsenale. Una puntualizzazione di tesi, sui posti di lavoro che non verranno con Basi Blu ma con la riconversione civile di una parte dell’Arsenale.
Una riflessione a 360°, che scomoda taboo e clichè ormai tramutati in litanie, come il comparto della Difesa. Negli ultimi trent’anni alla Spezia, cioè nel più importante distretto industriale del settore della difesa, i lavoratori occupati direttamente erano pari al 9,6 % del totale e ben il 41,0 % del totale degli occupati nell’industria manifatturiera (scesi adesso al 16%). Nel 2022 le persone occupate direttamente nel settore della nautica rappresentano oltre il 15 % del totale degli occupati alla Spezia. Di contro il 2,5 % di quelli occupati direttamente nel settore della difesa. Torniamo ad essere golfo dei poeti e del lavoro, un nuovo golfo dei poeti dovrà essere ancora di più il golfo del lavoro: lottare per il disarmo, la riduzione delle spese militari e la riconversione nel civile fa bene non solo all’anima, ma anche all’economia e all’occupazione.
di Giorgio Pagano (Luci della città, CittadellaSpezia)
La storia di Spezia cambiò radicalmente – era il 1869 – con la realizzazione dell’Arsenale nell’area da San Vito, borgo di antichissime origini, al Lagora: quasi 900.000 m2 (di cui 180.000 edificati), 12 km di strade, 6,5 km di banchine che circondano circa 1.400.000 m2 di acque interne. L’Arsenale – ricorda William Domenichini nel suo bel libro “Il golfo ai poeti. No Basi Blu” – determinò il grande sviluppo economico e demografico della città ma allo stesso tempo le fece pagare un “dazio altissimo”: “andarono perduti i resti di civiltà romana e preromanica, spostati corsi d’acqua, cimiteri, chiese e testimonianze medievali, intere comunità traslocate”.