Analisi Local
William Domenichini  

Il pubblico riqualifica, il privato trae profitto?

Aree militari ed amianto rischia di essere un motivo di riproposta dell’adagio in cui il pubblico riqualifica il privato trae profitto? Ça va sans dire, è certamente uno dei temi scottanti ed oggetto della mia narrazione. In un contesto, come quello spezzino, da record di incidenza del mesotelioma pleurico, in cui si dichiarano ben 104.800 metri quadrati, fra pavimenti con amianto, tubazioni e lastre in eternit, la notizia di una bonifica appare come una luce in fondo al tunnel. In questo caso nel tunnel ci si resta. Di così tanto materiale contenente amianto, il cui contatto con tantissim* lavorator* ha generato innumerevoli casi di decessi e talvolta procedimenti penali e civili, la priorità principale non è stata data alle strutture che sono a stretto contatto con il mondo civile.

La bonifica sotto la montagna

La notizia della bonifica delle gallerie dell’Acquasanta, seppur abbia un elemento di positività, data l’eliminazione dell’amianto presente, che per inciso molti negavano la sua presenza, apre una serie di interrogativi. Questa struttura è stata, per la rocambolesca modalità con cui sono balzate all’attenzione dell’opinione pubblica e poi oggetto di attenzione da parte dell’amministrazione militare, uno delle questioni emerse quando si parla della sostanza cancerogena bandita dal 1992, pur tuttavia ancora stabilmente presente (e in quantità non trascurabili) nelle aree militari spezzine.

Facciamo alcuni passi indietro. La struttura venne realizzata sfruttando gli scavi iniziati prima del secondo conflitto mondiale, e poi sospesi, con lo scopo di struttura delle officine di Marinarmi. Dopo la guerra il primo progetto (1952) prevedeva la replica di alcune officine dell’Arsenale: meccanici, motoristi, elettricisti, frigoristi, attrezzisti, tubisti, saldatori, telecomunicazioni. Ma successivamente si cambiò strada, realizzando una centrale elettrica, alimentata da 4 motori Fiat M407 da 1.400 KVA, utilizzati a bordo delle corvette classe Gabbiano, che aspiravano il combustibile dall’adiacente deposito interrato: 20.000 metri cubi.

Una centrale di riserva, che avrebbe soddisfatto le esigenze di alimentazione elettrica della base navale e dei comandi terrestri, in caso di attacco in tempi di Guerra Fredda. Poi la caduta del muro (di Berlino), e l’entrata in vigore di normative per la sicurezza negli ambienti di lavoro che evidentemente facevano ricadere quei luoghi nell’oblio della nocività, ecco la chiusura dell’opera protetta, datata 22 aprile 1992.

Dalla scoperta all’investimento

Per accorgersi della presenza di quel cunicolo militare sono serviti due blogger, URBan EXploration, poi imputati di introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio, rinviati a giudizio, rischiano una pena da uno a cinque anni. Ma al di là dei rischi corsi dai due blogger e dalle conseguenze penali che la loro azione ha comportato, oltre 200mila visualizzazioni del video ha reso possibile una consapevolezza della realtà spezzina delle aree militari, almeno in una porzione semisconosciuta sia dello stato in cui versano.

In seguito, il can can è stato tale e tanto che nessuno a potuto fingere di non sapere ed è partito il percorso di bonifica, una spesa stimata in 1.320.000 euro complessivi, probabilmente attinti da quel fondo per cui i cittadini spezzini speravano di veder sparire l’amianto davanti ai loro davanzali.

Ricapitolando. A fronte di una quantità notevole di amianto, la stragrande maggioranza del quale a stretto contatto con abitazioni e strutture civili (scuole, uffici pubblici, servizi, ecc), perchè investire così tanti soldi nella bonifica di un’opera in caverna? Ma diciamo che ogni bonifica è cosa buona e giusta, la seconda questione è: cui prodest? Quali prospettive può avere un intricato dedalo di cunicoli, bonificati con i quattrini dei contribuenti, chiavi in mano? Un museo? Realizzato con che quattrini? Gestito da chi?

La Spezia forte, in vendita

Un passo a lato. Il comune della Spezia pubblica l’avviso di consultazione preliminare di mercato (ex Art.66 D.Lgs. 50/206) per l’assegnazione delle seguenti concessione

Scheda
informativa
Bene pubblico Costo della riqualificazione
sostenuta dal comune
Lotto 1 Parco della Rimembranza 726.000,00 €
Lotto 3 Parco delle Mura 1.500.000,00 €
Lotto 2 Batteria Valdilocchi 500.000 €
Lotto 4 Rifugio antiaereo Quintino Sella 1.600.000,00 €

Scopo di questa operazione è verificare il potenziale interesse degli operatori economici del mercato alla riqualificazione e gestione degli immobili in oggetto, valutare le specifiche competenze e professionalità degli operatori economici interessati che potranno essere coinvolti nell’attuazione della gestione. Curioso che si tratti di patrimoni pubblici già oggetto di riqualificazione e quindi di spesa di soldi pubblici, che evidentemente l’ente locale spezzino, una volta spesi i quattrini per renderli appetibili, intende dare in gestione a privati.

Socializzare i costi, privatizzare i ricavi

Stante le informazioni pubblicate dal comune spezzino, stiamo parlando di beni pubblici che hanno visto investiti da una spesa complessiva di 4.326.000 euro per la riqualificazione e che oggi sono oggetto di una verifica di mercato per affidarli a soggetti che ne facciano richiesta. Nota di colore: in fase di discussione di bilancio, l’amministrazione comunale spezzina ha annunciato 57 milioni di indebitamento e tra le misure per il suo contenimento l’aumento dell’aliquota comunale Irpef dallo 0,6 allo 0,8. Ça va sans dire (e due).

Da un lato un bene “militare” di cui tutto si dice, tranne della sua demilitarizzazione, dall’altro una serie di beni demanializzati, riqualificati (con quattrini pubblici) e poi messi alla ricerca del miglior offerente, in comune una cortina che evita ogni forma di trasparenza e un’assoluta mancanza di programmazione e di organizzazione di un’operazione di demilitarizzazione e di tutela dei beni comuni. La Spezia non fa molta eccezione su un leitmotiv che investe l’intero paese (e non solo): socializzare le perdite, privatizzare i ricavi.


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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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