Opinioni
William Domenichini  

Capire la Storia o usarla?

Capire la Storia o usarla a proprio uso e consumo? Il Giorno del ricordo è una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno. Fu istituita nel 2004 (legge n°92/2004) per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe». Un modo per non dimenticare «l’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».

Una ricorrenza che è facile a suscitare polemiche. Difficilmente riesce, per usare le parole del vicepresidente dell’ANPI, Gianfranco Pagliarulo, “una seria capacità di lettura dell’orrore delle foibe“. Perché? Forse la risposta è insita in quel processo, datato per altro, tipicamente italico, nel quale la Storia è spesso utilizzata ad uso e consumo, per lo più da parti politiche che, evidentemente senza altri argomenti sufficienti a compiere il proprio ruolo, ripiegano su polemiche pretestuose su chi ha eredità più o meno deplorevoli.

Cosa occorre fare? Cercare di approcciare alla Storia così come una disciplina scientifica impone, sapendo che l’analisi di un fatto storico implica prendere in considerazione del prima e del dopo, dove il prima serve per spiegare il dopo, non per giustificarlo.

Per aiutarci a capire, è interessante guardarci questo convegno, Confine orientale e identità: foibe e narrazione , tenuto dal prof. Raoul Pupo (Università di Trieste).

Cosa fa pensare che a Basovizza sia stato eretto un monumento laddove non c’è una vera e propria foiba, bensì un pozzo di miniera? Un indizio sono le dimensioni, che escludono una dinamica simile a quella tramandata nella “leggenda”. Ma se non bastasse, nell’estate del 1945, sono sono state fatte ricerche, da militari angloamericani, e i documenti parlano di una decina di corpi rinvenuti. Di chi si tratta? I corpi ed alcune carcasse di cavalli, non riconoscibili se non per la loro divisa tedesca, sembrano soldati morti durante la battaglia di Basovizza. Dunque occorre prestare molta attenzione.

La foto in copertina è datata 31 luglio 1942, raffigura soldati italiani che fucilano cinque abitanti del villaggio di Dane in Slovenia (© Museo storico di Lubiana). Curioso come spesso certi giornalisti italiani l’abbiano presentata “al contrario”, ossia con i fucilatori jugoslavi e le vittime italiane. Un esempio di manipolazione vergognosa, degna del “Italiani brava gente”, di delbochiana memoria.

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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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