
Fulmine a Pontedera
Sabato 26 ottobre 2019, dalle ore 17,30, presso il Circolo ARCI “Albero del pepe”, in via Nino Bixio 3 a Pontedera, la sezione ANPI pontederese presenta:
Fulmine è oltre il ponte.
Vite sospese al di là della linea gotica.
Incontro e dialogo con l’autore William Domenichini
Intervento di Carla Cocilova (assessora alle politiche sociali, cooperazione internazionale, politiche di genere, legalità, diritti di cittadinanza e coesione sociale del comune di Pontedera).
Accompagna il percorso Gianni Ferdani (Vice Presidente ANPI Pontedera).
Durante l’incontro sarà ancora possibile iscriversi all’ANPI per il 2019.
5 settembre ’43. Ciro ha vent’anni, è in guerra. Il suo plotone riceve l’ordine insensato di far saltare in aria un convoglio di munizioni, appena consegnato in una polveriera vicino al Brennero. Dopo averlo eseguito, i comandi dell’esercito sembrano disciogliersi come neve al sole, e si trova senza ordini, ignaro di ciò che sta accadendo, sbandato. Inizia l’odissea di un soldato senza esercito. Dopo un lungo e rocambolesco viaggio riesce a tornare a casa, in un paesino in provincia della Spezia. Ma, nonostante l’armistizio, la guerra non è per nulla terminata. I tedeschi sono ovunque, i fascisti si riorganizzano.
Ritrova i suoi amici d’infanzia e, con l’aiuto di un ex ufficiale dell’esercito e del prete del paese, trafugano le armi abbandonate da un reparto di alpini, nascondendole tra i boschi. Iniziano ad organizzarsi, clandestinamente, tra pericoli e difficoltà. Sabotaggi, travestimenti, rastrellamenti, combattimenti, agguati e guasconate si intrecciano nelle sue storie, i cui protagonisti sono ingranaggi della Storia, che con il suo incedere stritola uomini e donne, ma che senza quegli ingranaggi non sarebbe Storia. Tedeschi e fascisti li chiamano banditi, loro giurano di essere patrioti ribelli, e Ciro diventa il partigiano Fulmine.
Le sue vicende sono i racconti di un nonno che ha vissuto in prima persona la lotta partigiana, tra i boschi e le valli ai margini della Linea Gotica, ascoltati sulle sue ginocchia e ripetuti fino alla memoria, davanti al focolare. Storie in cui si racconta del popolo e non dei re, dei soldati e non dei generali, dove i fatti realmente accaduti si fondono con il romanzo delle emozioni evocate, tra paesaggi e sentimenti, cadenzata dai versi di Italo Calvino: “Non è detto che fossimo santi, l’eroismo non è sovrumano. Corri, abbassati, dai balza avanti! ogni passo che fai non è vano”.
Dallo sbandamento alla lotta armata fino alla Liberazione, passando per i dolorosi eventi che segnano irrimediabilmente la vita dei protagonisti. La storia di Fulmine è curata da una ricerca storiografica ed archivistica che approfondisce le preziose testimonianze di un’esperienza vissuta con un briciolo di inconsapevolezza ma con la coscienza di essere dalla parte giusta, vivendo eventi che hanno coinvolto non solo chi combatteva la Resistenza, ma tutti coloro i quali hanno scelto dove stare vivendo fino in fondo quella scelta.
Alcuni anni fa decisi di iniziare a raccogliere le testimonianze di mio nonno, Ciro Domenichini. Classe 1922, partigiano combattente del battaglione Val di Vara, formazione partigiana inquadrata nella Colonna Giustizia e Libertà, operante nella IV zona operativa (Lunigiana). Fulmine, questo il suo nome di battaglia che da il titolo al libro, ricevette il “Brevetto Alexander“ e due croci al merito di guerra per l’attività partigiana. In occasione del 70° anniversario della Liberazione, all’età di 94 anni, ha ricevuto la Medaglia della Liberazione, onorificenza creata dal Ministero della Difesa per la ricorrenza e conferita ai partigiani combattenti in vita.
Decisi quindi di raccogliere i suoi racconti sulla sua esperienza di partigiano. Ma non mi limitai a raccogliere le sue testimonianze. Ascoltando anche altri componenti della mia famiglia rimasti in vita, testimoni di quel periodo storico, come le sue sorelle, suoi fratelli, la moglie.
Dunque iniziai a trascrivere quelle lunghe conversazioni, nel mio tempo libero, spesso andando nei luoghi in cui le sue storie erano ambientate. In quei boschi, in quelle vallate ed in quelle alture sperdute in cui quei giovani trascorsero mesi e mesi della loro vita. Rifugiandosi, combattendo, sopravvivendo, e talvolta morendo. In quei luoghi meravigliosi ed evocativi presi ispirazione per descriverli, cercando di ritrovare le emozioni suscitate da quelle storie.
Durante il lavoro di scrittura crebbe in me la curiosità e l’esigenza di approfondire ancora di più quelle vicende. Così partii da ricostruirle temporalmente. Trovai un’enorme quantità di materiale documentale, presso l’archivio dell’Istituto Storico della Resistenza spezzina. Grazie alla ricerca documentale sono riuscito a ridare una cronologia più precisa dei fatti che mi sono stati narrati. Ritrovai riscontri e documenti con informazioni che le testimonianze non mi avevano fornito. In particolare sulle persone che sono mancate negli anni successivi alla guerra. La ricerca proseguì, per esempio negli Archivi di Stato, dove sono riuscito a recuperare i fogli matricolari di alcuni compagni di lotta di Fulmine.
Questa storia ha incontrato un’altra storia, altrettanto piena di entusiasmo e coraggio, quella dei ragazzi di Scampia, che nel loro quartiere hanno deciso di praticare la loro ,e la nostra, Resistenza, per costruire un futuro di Giustizia e di Libertà, vivendo quotidianamente una realtà difficile e dando il loro contributo di speranza, di prospettiva. Con i ragazzi della Marotta&Cafiero editori ho trovato non solo un editore che guarda con innovazione, coscienza, etica e cultura al proprio lavoro, ma una realtà che ogni giorno pratica i valori che ho narrato. Con Rosario Esposito La Rossa ho trovato una persona speciale, con cui condividere un percorso pieno di entusiasmo e, grazie al sostegno di tutti voi, questa storia è stata pubblicato. Una storia vera, un romanzo partigiano.