Tanto tuonò che piovve
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William Domenichini  

Tanto tuonò che piovve

Qualsiasi avvenimento negativo non accade all’improvviso, ma ci sono sempre segnali premonitori, così anche questa volta tocca scomodare il ruolo delle aree militari per sapere che tanto tuonò, che piovve. Ma immaginatevi cosa pensa Madre Natura dei muri delle aree militari. Se ne fotte, naturalmente. Nulla di nuovo, tutto scritto nero su bianco.

L’ingegno dell’uomo ha portato, per esempio, a deviare corsi d’acqua per realizzare arsenali della Marina militare. Nulla di straordinario, tuttavia, come si dice, l’acqua trova i suoi percorsi. Facciamo un esempio concreto. Per avere un’idea di cosa sia il reticolo idrogeografico spezzino, ci viene incontro lo studio di Fabio Giacomazzi, il quale riporta fedelmente, le vie dell’acqua nel territorio che si affaccia sul golfo che fu dei poeti. Val la pena averlo a mente.

Dallo stato attuale facciamo un passo indietro. Ecco quale fu l’impatto, sul piano idrogeologico e senza scomodare la scomparsa delle sprugole (che se non sapete cosa siano leggetevi Il Golfo ai poeti (no basi blu) oppure andatene alla ricerca, ne val la pena in entrambi i casi) dovuto alla costruzione dell’Arsenale della Marina militare. Cosa appare evidente? Che le vie dell’acqua furono brutalmente modificate. Laddove prima, l’acqua arrivava direttamente al mare, dopo la cura Chiodo si trovò a far i conti con un muro, del filo spinato e dei cartelli: Zona militare, vietato l’accesso.

Beninteso che ai tempi sapevano far di conto e la gestione idrica del territorio, per quanto fosse invasivo il progetto, era tenuta in considerazione. I tempi cambiano e, parafrasando il cardinale Colombo Da Priverno, alla Spezia chi se ne accorge. Alla natura, e all’acqua, di come venga eretto un muro poco importa. Soprattutto quando le vie di accesso al suo naturale sbocco a mare sono rese più difficili da abbandono, mancanza di manutenzione e pulizia dei tombinamenti in cui è costretta a scorrere.

Il clima cambia? Sottigliezze. Anzi, pare che chi si batta per ottenere azioni concrete che fermino le cause di fenomeni climatici inusuali, per usare un eufemismo, siano banalizzati nei più disparati modi. Dai delinquenti che bloccano le strade ai “gretini” descritti in un mondo al contrario. In questo caso, tuttavia, il dramma è in scena con un evento meteorologico, a detta di molti esperti e numeri alla mano, non straordinario. In ogni caso, se la Natura presenta il suo conto, per evitare alibi ed ulteriori alluvioni di menzogne, occorre fare un po’ di chiarezza.

La questione del dissesto idrogeologico non sfugge anche in questa circostanza. Piccoli ed innocui corsi d’acqua come possono creare certi disastri? La variabile clima pare non importi a molti, o meglio venga ignorata in terrapiattistiche teorie. C’è poi la grande questione di come e in quanto tempo, le acque meteoriche defluiscono a valle. Si chiama tempo di corrivazione ed è una delle tante spine nel fianco di chi ha sostenuto l’esame di idrologia nella facoltà di ingegneria civile. Questa variabile fornisce non pochi mal di pancia a chi le responsabilità dovrebbe assumerle in materia di pianificazione territoriale. In estrema sintesi? diminuire l’impermeabilizzazione del suolo, per rallentare la velocità con cui l’acqua, una volta precipitata, raggiunga la sezione di chiusura del bacino.

Sgombriamo il campo da ogni possibile equivoco: l’uomo trasforma il territorio in cui vive, è un fatto ineludibile, ma gli effetti di tali cambiamenti possono essere irreparabili se i parametri di trasformazione sono speculazione, sfruttamento, o semplicemente abbandono ed incuria del territorio, piuttosto che rispetto, tutela e valorizzazione globale. Non si tratta quindi di trovare l’elemento causale, la chiave di volta che regge un sistema, ma di individuare un insieme di fattori che, in una sorta di sovrapposizione delle cause, ha scatenato una serie di reazioni su un sistema complesso ed alterato, attraverso più variabili, il cui effetto è la somma di tali elementi.

L’antropizzazione “deregolata” è tra i fattori più significativi, rubando terreno alle pianure fluviali attraverso l’arginatura dei corsi che aumenta il rischio di esondazione nei tratti più a valle, in seguito all’aumento delle portate in alveo, ma soprattutto intervenendo sulla modificazione del deflusso delle acque meteoriche. Il progressivo abbandono della coltivazione dei terrazzamenti collinari ha portato ad un indebolimento delle resistenze geotecniche, ad un peggioramento della regimazione delle acque di scolo, banalmente ad una minor presidio e quindi ad una mancanza di costante monitoraggio del territorio. A questo consegue anche una minore prevenzione sugli incendi che, nel distruggere il patrimonio vegetativo, diminuiscono la tenuta dei pendii aumentando il fattore erosivo. Infine una scorretta gestione delle acque, a partire dai corsi torrentizi fino ad arrivare alla diffusa tombatura di piccoli canali che in condizioni estreme agiscono con pressioni insostenibili, convoglia migliaia di metri cubi d’acqua in brevi intervalli di tempo.

Ora veniamo al quid. E per farlo riprendiamo in mano memoria ed archivi.

11 aprile 2017. C’è tempo per ironizzare in una borgata senza mare, dove quei pochi posti barca tramandati da generazioni di gente di mare, vengono messi a rischio dalla montagna che porta a mare i suoi detriti. Un deposito alluvionale, terra, pietre e ramaglie, trascinate alla foce dal torrente Caporacca, il corso d’acqua che nasce a Campiglia e che, dopo esser stato tombato e aver sottopassato la Napoleonica, sfocia appunto alle bocche di San Vito, nell’enclave civile in cui sorge il piccolo porticciolo di Marola. Inevitabilmente, con l’andare del tempo, i detriti hanno interrato una bella porzione del porticciolo sottraendo spazio agli approdi delle barche.

16 Settembre 2021. Scende la pioggia ed ecco che in zona Marola non si scappa all’allagamento. L’acqua si prende metà della carreggiata. Una situazione ben peggiore, ma che non da tregua da alcune settimane. Il principale “inquisito” sarebbe il canale delle Bacelle, che termina, sprofondando nelle viscere della terra, nelle vasche di San Vito, attraversando la strada Napoleonica nel suo bel tombino. Facile, una volta occlusa la via d’uscita, che il tombino vada in pressione e l’acqua fuoriesca dall’unica via possibile: la carreggiata.

29 dicembre 2022. Il maltempo imperversa. Questa volta niente allagamenti e niente galosce, ma ciò nonostante la paura non manca. Il vento sradica una lamiera di un capannone e la scaraventata sulla provinciale Napoleonica. Nessun ferito, ma la vicenda ha del miracoloso o della laica fortuna, a seconda delle proprie convinzioni. Un’episodio che ricorda quando, due anni prima, a scoperchiarsi furono tre capannoni, fortunatamente ben più lontani dalla strada. Tuttavia, sfortunatamente, il materiale di copertura di quegli edifici, semiabbandonati, era di amianto, con logiche conseguenti preoccupazioni.

2 maggio 2024. La città si sveglia da un nubifragio notturno. Ma questa volta la situazione è ben più seria. la strada che unisce il ponente spezzino alla città è completamente impraticabile, invasa dall’acqua che non defluisce. Tutto prevedibile, perché già accaduto. Questo è il risultato di chi pensa che l’Arsenale sia un enclave a sé stante, senza implicazioni nel territorio. Come disse il direttore, ammiraglio Scorsone? Il futuro della base è blu? Oggi aggiungiamo un altro colore all’arcobaleno: marrone come il fango che non defluisce perché nessuno mantiene puliti i tombinamenti. Il grave è che siamo all’ennesimo episodio senza che nessuno paghi per le irresponsabilità nella mancata manutenzione dei tombinamenti dei canali che finiscono nell’Arsenale. Nonostante la retorica e le menzogne che raccontano. Anzi le mille balle blu.

giuseppe scorsoneNel mio pensiero, il futuro di questo Arsenale è blu, come la divisa della Marina Militare che non lascerà questo sito per i prossimi decenni, come la bandiera della NATO e dell’Europa

Contramm. Giuseppe Scorsone
direttore Arsenale Marina militare La Spezia
(19 marzo 2023)

Se da un lato la cittadinanza fa i conti con l’incuria e le nocività delle aree militari, dall’altro lato del muro si spenderanno, è bene ricordarlo, 354 milioni di euro per ampliare i moli della base ed adeguarla agli standard NATO. Non un euro nel bonificare un’area piena di veleni. Non un euro per evitare che l’abbandono e l’incuria possano causare danni oltre il muro. Ma il futuro è, al netto dei daltonismi, blu.

Per questa volta “solo” disagi, tanti, di persone che devono andare a lavorare, a portare i figli a scuola. C’è da augurarsi che in futuro non si debba assistere a danni ben peggiori. Nel malaugurato caso, non versate lacrime da coccodrilli, abbiate la decenza di nascondervi dalla vergogna. Già in questa situazione dovreste farlo. Ma prendiamo per buone le parole del neo comandante della piazza spezzina, con una raccomandazione: faccia in fretta e apra bene gli occhi su ciò che è stato chiamato a dirigere.

La mia intenzione è quella di girare per i sedimi della Marina Militare quanto prima e rendermi conto di quanto è stato fatto ed avviato e poi continuare il lavoro intrapreso per conseguire gli obiettivi della Forza Armata. Lavorerò in stretta sinergia con le Istituzioni e con il territorio mantenendo il legame stretto tra la Marina Militare e la comunità spezzina

Amm. di Div. Flavio Biaggi
comandante Comandante Interregionale Marittimo Nord
(3 aprile 2024)

Intanto, nel silenzio più tombale della classe dirigente, occorre fare una menzione speciale, per chi, con cristallina onestà e capacità di analizzare lo stato reale delle cose, pone anche qualche proposta di risoluzione.

Ci vorrebbe un Comune che si sedesse a un tavolo con il nuovo Ammiraglio, dal quale ci attendiamo sinceramente un atteggiamento più aperto al dialogo rispetto al predecessore, e a cui offriamo fin da subito la nostra piena disponibilità per un confronto di idee, per trovare una soluzione ed intanto per aprire la strada interna dalla quale fare defluire il traffico. Almeno gli spezzini potrebbero vedere il Convento di San Francesco Grande e lo stabilimento dove un tempo lavoravano più di 10.000 persone e che ora è semi deserto.

prof. Roberto Centi
consigliere regionale Lista Sansa/LeAli
(2 maggio 2024)

Ma come diceva quel tale, se è vero che tanto tuonò che piovve, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire (o peggior cieco di chi non vuol vedere). Alla prossima pioggia…

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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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